Cultura
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times
  • Argomento: Letteratura

Se un importuno fosse venuto allora a parlarmi di cose serie e gravi, gli avrei risposto, senza dubbio, che avevo ben altre e più serie faccende per il capo; avevo Serpentina in pericolo o la reginotta che mi moriva di languore per Ranocchino, o il re che faceva la terza prova di star sette anni alla pioggia e al sole per guadagnarsi la mano di un’adorata fanciulla.

 

Questa la confessione di Capuana nell’opera Spiritismo?, ed egli infatti si muove anche sul versante delle fiabe, intrecciando l’umano e il magico a partire dal classico inizio di “C’era una volta”. Inizia così La Reginotta (il primo libro per bambini edito a Milano da Giuseppe Ottimo e Gaetano Brigola nel 1831)[1]: «C’era una volta un Re e una Regina che avevano una figliuola più bella della luna e del sole». Da bambino, il mineolo ascoltava fiabe. A dirlo è egli stesso nella lettera a Carluccio Ottimo, datata Milano 1881:

 

… nelle giornatacce d’inverno, la Mamma mandava a chiamare in casa nostra la moglie d’un ciabattino famosa per raccontare fiabe. Son tornato addietro, a quegli anni, a quelle giornatacce d’inverno, quando ci stringevamo tutti, fratellini e sorelline, attorno il gran braciere di rame rosso che il babbo, buon’anima! Si teneva fra le gambe; e, intanto che la zia Angiola, filando in piedi, raccontava, senza mai stancarsi, le sue storie meravigliose, stavamo cheti come l’olio, a bocca aperta, incantati per ore ed ore. È una di quelle questa qui che io ti ripeto, ahimè non così bene come la zia Angiola la raccontava!

 

Capuana attinge dunque dal fondo della memoria i ricordi e recupera le tracce del meraviglioso per riscrivere le fiabe ascoltate come se il fanciullino rivivesse in lui. Protagonista appunto è la reginotta che vive sì in un’atmosfera pressoché onirica, ma popolata anche di scene tipiche della cultura popolare come, per esempio, la presenza del pidocchio «ch’era uno stupore», tra i capelli del Re. L’Orco, da antagonista, è il simbolo del male e compare quando viene emesso il bando con il quale si dice che la reginotta andrà in sposa a chi sa risolvere l’indovinello: a quale animale sia appartenuta la pelle scorticata mostrata dal sovrano ai sudditi.

 

Chi indovina che pelle di animale sia questa, avrà la Reginotta mia figliuola in sposa. Chi non sa indovinarlo gli si tagli la testa.

 

Il bel giovane che indovina è l’orco ed è lui a sposarla. Quando la principessa sta per fuggire con un “giovinetto” dal castello dell’orco, questi riprende il suo vero aspetto e l’urlo abituale. Da qui prende il via l’inseguimento dei due amanti. Ed ecco l’apertura agli intrecci del fantastico a partire dall’intervento della fata - l’anima della fiaba - con le sembianze di una vecchina. I fuggitivi con alcune penne d’uccello e una nocciola fatata possono non solamente volare, ma trasformarsi in fontana ed anguilla, in roccia (l’uno) e in farfalla (l’altra). Così, in un crescendo drammatico, mentre l’orco fa di tutto per bere tutta l’acqua della fontana, viene schiacciato dalla roccia.

Sapiente il gioco dell’immaginazione che, espresso in dialoghi coinvolgenti e da interpretarsi secondo lo schema proposto da Propp[2], fa affiorare il senso pedagogico nei valori della fedeltà e della coerenza, della ricerca d’amore che, superando ogni ostacolo, pur sempre trionfa, a dirla con Orazio.

Federico Guastella

 

--

[1] Il manoscritto, che è stato acquistato dall’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sicilia, consta di dodici pagine autografe con trentuno disegni originali a china di Nicolò Facchinetti.

[2] Vladimir Jakovlevič Propp, Mitologia della fiaba, Milano, Einaudi, 1966 (1ª ed. italiana). Edizione originale: Морфология сказки (Morfologija skazki), Leningrado, 1928.

 

 

 

Vedi anche: La reginotta di Capuana: conferenza alla Rhode Island University. C'è Giovanni Di Stefano

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry