Cultura
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Ultimo suono di campanella per i maturandi “edizione” 2015 e, soprattutto, conto alla rovescia per i tanto attesi esami di Stato.

I professori, dal canto loro, come dei buon pastori, sono sempre lì pronti a mettere ansia, a ricordare ai loro greggi di studiare bene e di ricordare tutto, utilizzando la famosa espressione “in vista degli esami!”. Alla fine, qualunque cosa si rivela “utile” per gli esami.

Ultime interrogazioni; ultimi compiti in classe; ultimi “bigliettini” preparati con cura e abilità dallo studente che, nel corso di un lustro, è diventato un qualificato amanuense. Si, amanuense! Non tanto per i numerosi temi affrontati in classe e gli abbondanti riassuntini sparsi qua e là, quanto per la maestria di copiare trattati di cento pagine o formule aritmetiche in un piccolissimo foglietto di carta (i “bigliettini” di cui sopra), dalle dimensioni microscopiche (con superficie, ad esempio, di cinque centimetri per cinque centimetri, e abbondo per difetto).

Metodi che tutti gli studenti di qualsiasi generazione hanno adottato e che continueranno ad adottare. Il “bigliettino” ha un fascino tutto suo: piccolo, anzi piccolissimo, fornisce allo studente un conforto immenso, sebbene non di rado risulta difficile se non impossibile dargli una veloce sbirciatina. 

Unico, e non eventuale, problema è il classico dilemma: dove si può nascondere il bigliettino? E lì la fantasia supera i limiti della realtà. I nascondigli classici sono: dentro il vocabolario, dentro un libro, nel porta- occhiali, scritto sul muro, sul banco, nascosto dentro o sotto le scarpe, dentro la maglietta, scritto sulla mano, sul braccio, dentro la manica e così via. L’estro artistico non ha limiti. 

Piccola riflessione: se generalmente il corpo umano è composto al 90% di acqua, in prossimità degli esami il corpo umano sarà quasi al 110% di carta! E potremmo essere ottimi da riciclare!

Un altro passo importante è la diligentemente selezione dei temi da scrivere su questi scrigni di carta.

E si pensa ai vari argomenti delle materie scolastiche. Ma andiamo con ordine.

Italiano: i grandi classici, come Manzoni, con il suo best- seller “I Promessi Sposi”, Leopardi, contraddistinto dall’allegria e la sua voglia di vivere che emerge in ogni sua poesia.

Storia: le due guerre mondiali (con annessi e connessi).

Matematica: studio di funzioni, parabole (non quelle religiose!) e altre formule magiche.

Inglese: il “nebbioso” James Joyce e l’”ambigua” Virginia Wolfe.

E poi c’è lei: la Tesina, ovvero una grande mappa concettuale in cui lo studente deve scegliere argomenti a piacere di ogni materia, argomenti ovviamente tutti collegati tra loro, da conoscere perfettamente e da raccontare piacevolmente alla Commissione per una durata massima di tre o quattro minuti. 

Esempio: la seconda guerra mondiale, un evento tragico, di distruzione, narrata in pochi secondi, per dare spazio a tutte le altre materie.

Inoltre, occorre dare anche un titolo alla tesina, titolo riguardante gli argomenti scelti. E negli anni si sono sentiti titoli assurdi: il viaggio, la follia, l’abbandono, il fanciullo, il sole, la luna, le stelle.

Poi c’è sempre una materia il cui argomento non si abbina con gli altri, come accessori da abbinare ad un abito, e allora si cambia argomento.

In buona sostanza, settimane e settimane ad inseguire questa mappa che non la si guarda più come una tesina, ma come un’opera scritta di proprio pugno. Una tesina che fa sudare ma anche sperare in una buona, e perché no, ottima riuscita dell’esame anche se è prudenziale mettere in conto eventuali domande da probabile “scena muta”, momenti silenziosi, occhi intransigenti che si perdono in altrettanti occhi imbarazzati.

Tutto calcolato dalla giovane mente di uno studente ancora in erba.

Ma del resto si tratta solo di esami di Stato. E per questi, come per tutti gli altri esami futuri, occorre studiare, ma soprattutto ci vuole quella che in termini “nobili” si chiama botta di … fortuna!

 

Lucia Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry