Cultura
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Scicli, 12 novembre 2015 – Le poesie di Massimo Statello, nato a Scicli e ragusano per lavoro, presentano una realtà sofferta che usa il paesaggio come metafora. I versi sono caratterizzati da un itinerario attraverso cui esplora immagini ed esperienze che filtrano lo spessore e la sostanza della sua lirica. Un linguaggio che corre su due binari paralleli: talora si presenta denso, gravido di forti pregnanze, che, non di rado, viene mantenuto sul crinale dell’aulico, irrobustito da costruzioni altamente estetiche; talaltra semplice rievocando una primordiale freschezza.

Nei recenti versi dedicati a Maria Schininà (1844 - 1910), fondatrice delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II nel novembre del 1990, e declamati in occasione del 25° anniversario della beatificazione, la poesia di Statello si trasforma in preghiera dando vita ad un sistema di semplici parole che riuniscano in sé ritmo, significato, immagini e suggestioni. In buona sostanza, un piccolo capolavoro dalle forti connotazioni comunicative.

Le parole “conversione” e “comunione”, testimonianze preziose della beata, contraddistinguono i primi versi. Conversione intesa come un guardare avanti e non indietro. Una sorta di forza nuova che muove un nuovo orizzonte di senso. Come a indicare una nuova trasformazione: da un mondo regolato dalla legge della forza a un mondo regolato dalla legge della comunione. 

In pochi versi Statello traccia una sintesi del percorso di evangelizzazione della religiosa “conforto degli afflitti”, a cui donava “fede, speranza e carità / il balsamo divino sulle fragilità”. Secondo i Padri “caritas est passio” (Origene), in Dio e nell’uomo. Amare significa appassionarsi e patire, secondo la bella ambivalenza del termine passione. 

In un’epoca nella quale la comunicazione assume ritmi incalzanti e le parole stanno perdendo sempre di più significato e forza, la poesia resta una delle poche armi per non arrendersi all’impoverimento del linguaggio e, soprattutto, alla pigrizia mentale. Ed è proprio in questa “arma” che Statello orienta i suoi sforzi.

 

Giuseppe Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry