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  • Autore: Susanna Valpreda
  • Editore: Bonanno

Sikelia, la Sicilia bizantina di Susanna Valpreda

“Quando elaborai il testo della mia tesi di laurea, mi accorsi che era un po’ anomala. Le argomentazioni intraprese non si occupavano solo di arte, ma di tutti gli aspetti della presenza bizantina (storia, lingua, cultura, letteratura, architettura, monetazione) nella Sicilia orientale dei secoli VI-XII”. Inizia così l’incontro con Susanna Valpreda che nel 1996 consegue la laurea in Lettere moderne all’Università di Padova.

È stata forse una delle prime studiose ad intraprendere questa tematica il cui ambito risulterebbe parzialmente toccato dai ricercatori. Dopo aver vinto un concorso per bibliotecario, indetto dall’ateneo patavino, Valpreda pubblica un articolo estratto dalla sua tesi su una rivista specializzata veneta.

Successivamente, si trasferisce al Polo bibliotecario di Ingegneria. Nel 2014 è spronata a riprendere in mano gli argomenti abbandonati da tanto tempo, riaggiornarli e ricavarne un libro da far leggere ad un editore. Nasce così il saggio Sikelia. La Sicilia orientale nel periodo bizantino (pp. 174), edito nel 2015 da Bonanno.

In queste settimane, sempre in ambito siciliano e sull’epoca tardo antica e bizantina, sta lavorando ad una prossima pubblicazione, ad integrazione della prima, che si occuperà anche della Sicilia occidentale e delle isole minori (Malta compresa).

 

Tra i tanti temi sviluppati mi ha colpito quello di Siracusa “capitale” bizantina. Ci può dare qualche anticipazione?

“Forse non tutti sanno che nel 663 l’imperatore Konstantinos Pogonatos (ovvero il Barbuto), detto Costante, dopo aver regnato per vent’anni a Costantinopoli, sbarca a Taranto alla testa di un esercito orientale. Dopo varie tappe, di cui una a Roma, scende a Reggio Calabria dove gli si attribuisce la creazione del Ducato di Calabria che è una dipendenza del thema di Sicilia: quando non c’è più esarca in Italia, il patrizio di Sicilia diviene il più alto funzionario bizantino d'occidente. Ma anche prima che Ravenna e Roma siano perdute, per l’Impero Siracusa è la vera capitale di tutti i possedimenti bizantini nell’Italia meridionale. Alla corte di Bisanzio, dall’epoca di Costante II, la Sicilia e la Calabria sono considerate come un’unica regione. Verso la fine del 663 questo imperatore giunge a Siracusa dove stabilisce il suo quartiere generale e da cui organizza la difesa dei possedimenti minacciati dell’Islam.

Da quel momento Siracusa si trasforma nella capitale effettiva dell’Impero provocando polemica nella corte costantinopolitana, che si oppone alla translatio imperii impedendo il viaggio della famiglia imperiale in Italia a causa del carico simbolico che tale gesto comporta. Le monarchie vicine nutrono forti preoccupazioni in quanto temono un conseguente aumento dell’influenza bizantina nella regione. Nel 668 Costante è ucciso dal cortigiano Andrea, figlio di Troilo, il quale gli versa sul capo acqua calda e sapone mentre egli si trova in una vasca dei bagni di Dafne e poi, approfittando della momentanea cecità, lo colpisce sul capo con un vaso di bronzo. Caduto nell’acqua privo di sensi, l’imperatore affoga mentre l’omicida si allontana indisturbato.

I cortigiani e i capi dell’esercito siciliano mettono sul trono l’ufficiale armeno Mezezio che, però, non trova il sostegno aspettato. Dopo la morte dell'imperatore, gli eserciti di stanza in Italia e in Sardegna si rifiutano di obbedirgli marciando su Siracusa. La flotta, inviata da Costantino IV Pogonato, figlio di Costante e suo legittimo successore, ha ragione degli insorti, che sono condotti nella capitale e giustiziati”.

Fino a qui ciò che tramandano le fonti occidentali. Quelle orientali mostrano invece divergenze con le prime, dovute alla diversità dei punti di vista. Il capostipite di tutti i cronisti bizantini che si sono occupati della spedizione italiana di Costante è Teofane che narra la vicenda in due riprese. Alla ricercatrice Susanna Valpreda il compito di fare chiarezza sulle vicende sin qui descritte attraverso l’analisi della documentazione reperita che sarà oggetto di trattazione nel prossimo libro. 

Giuseppe Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry