Ragusa e dintorni
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Denunciato dalla Polizia di Stato Ragusa per procurato allarme un modenese. Inviava messaggi contenenti minacce di attentati terroristici

 

#Ragusa, 12 febbraio 2016 – L’uomo, che risiede in provincia di Modena, è stato identificato al termine di una complessa attività di indagine condotta DIGOS della Questura di Ragusa e dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni di Ragusa.

Destinatari dei procurati allarmi, consistenti nell’invio di messaggi e telefonate inneggianti allo stato islamico con minacce di imminenti attacchi terroristici, sono stati la Questura di Ragusa, alcuni istituti di istruzione di Modica (Ragusa), due ospedali di Palermo ed una Sala Convegni di Rimini. 

Gli investigatori della Polizia di Stato di Ragusa, coordinati dalla Procura della Repubblica di Ragusa, hanno appurato che sia le connessioni utilizzate per inviare i messaggi alle scuole di Modica (Ragusa) che le telefonate effettuate per mettere in atto i procurati allarmi presso la Questura di Ragusa, il sito di Rimini e i presidi sanitari di Palermo, erano state effettuate con sofisticati sistemi che alteravano l’identità del reale mittente. 

Le indagini tecniche, anche di carattere informatico, hanno fatto emergere – allo stato - che l’autore dell’attività delittuosa fosse stato spinto dalla volontà di ritorsione nei confronti di alcuni soggetti ritenuti responsabili della fine del rapporto sentimentale intrapreso dal reo con un’adolescente residente nella provincia di Ragusa, legame questo nato e sviluppatosi anche su vari social network e di fatto finito dopo circa tre anni.

In tale lasso temporale, la minore aveva dovuto subire richieste sempre più insistenti di fornire al suo “vessatore” immagini autoprodotte, dove appariva talvolta anche in abiti succinti.

Quando la ragazzina non è stata più disposta a continuare, interrompeva bruscamente la relazione “virtuale” con l’uomo che la minacciava di diffondere le foto di cui era in possesso: in tale frangente, il ragazzo modenese riusciva a farsi comunicare dalla vittima anche i numeri di telefono di alcuni suoi contatti Facebook, gli stessi cui egli attribuiva la fine del suo rapporto amoroso con la giovane.

Dette utenze venivano utilizzate dal giovane emiliano per celare la propria identità – mediante l’utilizzo di sofisticati sistemi informatici - nel momento in cui procurava gli allarmi terroristici.

Il movente: una ripicca alla base dei comportamenti criminosi posti in essere per vendicarsi e far ricadere su altri le responsabilità dei fatti. 

All’interno dell’abitazione dove è stata eseguita la perquisizione, gli investigatori trovavano, tra l’altro, copia di un articolo di stampa di un quotidiano locale relativo alla denuncia di un soggetto per aver inneggiato al jihad,  varie armi giocattolo, un coltello ad apertura a farfalla, un Taser; l’uomo era anche gestore di svariati profili Facebook contenenti numerose immagini di soggetti armati, sui quali è tuttora in corso attività investigativa.

   

 

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