Scicli
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Scicli, 19 luglio 2014 – «Se si trattasse solo di me –dice il sindaco di Scicli dopo le voci di infiltrazioni mafiose al Comune– e se fosse davvero utile a Scicli, Vi assicuro che non avrei problema alcuno a rassegnare le mie dimissioni oggi stesso. 

Anzi,  proprio perché sono del tutto sereno riguardo alle indagini in corso, che mi vedono coinvolto, l’essere libero dalla carica e dallo sfibrante tasso polemico che il restare in carica comporta, sarebbe, per conto mio, una condizione auspicabile di ulteriore serenità. 

In questi giorni, io e le persone che condividono il percorso di salute pubblica intrapreso in questo comune da qualche mese, ci troviamo a vivere  una condizione da cittadella assediata. 

Fra gli assedianti vi sono proprio coloro che hanno prodotto le criticità, dalle quali è assolutamente necessario, nell’interesse di tutti gli sciclitani, uscire il prima possibile. Le loro armi e le armi di tutti gli speculatori che dal male comune pensano di trarre un vantaggio personale o di parte, consistono del fango che pensano di rovesciarci addosso e del quale su di noi non resterà la minima macchia. 

Così facendo, unicamente per il proprio interesse, non si fanno il minimo scrupolo nel contribuire a sfregiare, a livello nazionale, il volto della Città,  ed a mettere in atto una operazione di travisamento della realtà, che rischia di avere conseguenze incalcolabili per il futuro di Scicli.

Fra i paradossi di questa scellerata azione, di questa mistificazione di una realtà capovolta, dove i lupi si mascherano da agnelli ed i carnefici si professano vittime, c’è l’utilizzo della metafora della nave Concordia. E così, assurdamente, si evoca quella tragedia, caratterizzata dall’abbandono della nave da parte del comandante, scandalizzandosi del fatto che qui il comandante, invece, si ostina a restare al ponte di comando. 

Agli stessi che determinarono il naufragio della sindacatura del mio predecessore, ed agli avvoltoi occasionali, che ad essi si associano, piacerebbe ripetere quella esperienza. Io ero convinto di riuscire ad evitare il bis del naufragio di Venticinque –continua l'attuale sindaco, parlando del suo predecessore– a causa di “inchini”, forse sarebbe meglio parlare di mancati “inchini” , ordinati alla Concordia da fuori bordo;  purtroppo, così come Giovanni Venticinque, non ci sono riuscito.  

La differenza fra me ed il mio predecessore è che io ho individuato un gruppo di volenterosi che, oltre le divisioni politiche, incuranti della pioggia di  fuoco e di fango, hanno guardato non tanto alla mia persona, quanto alla necessità assoluta di uscire dagli scogli. 

Uscire dagli scogli è una operazione che va fatta ORA, non fra sei mesi, ma ORA! Non è un compito né semplice né veloce, ma che faticosamente si sta portando avanti e di cui qualche risultato comincia ad intravvedersi, come anche la magistratura contabile, fra non molto, non potrà non cominciare a prender atto.

A questi consiglieri ed a questi assessori mi sono rivolto in questi mesi, così come l’ho fatto anche adesso nell’ora più critica, chiedendo loro se se la sentissero di continuare in questa traversata del deserto, in cui sia io che loro abbiamo tutto da perdere e nulla da guadagnare, se non la soddisfazione e l’onore di fare l’interesse della Città, nel momento in cui il mio ed loro contributo è essenziale. 

Sia pur tra le frustrazioni di un compito che, talora appare improbo per la difficoltà, per la lentezza e per, diciamocelo francamente, l’incapacità di condividere all’esterno il senso dello sforzo immane che si sta facendo, nonostante tutto questo, tutti abbiamo convenuto che la cosa più importante, più importante anche della nostra stessa tranquillità, consiste nel ripristinare condizioni di trasparenza, di ordine, di efficienza nella macchina distrutta che abbiamo trovato;  tutti avvertiamo, insopprimibile, il dovere di riconsegnare ai cittadini elettori una “nave” in grado di navigare anziché un “relitto”. 

Confidiamo sul fatto che la storia renderà giustizia ai sacrifici che stiamo sostenendo».

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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