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Modica, 11 agosto 2015 –  Prende il nome di “Diario” ed è installata in  un luogo non- luogo, ovvero uno spazio funzionale a servizio del fruitore: è la mostra d’arte contemporanea dell’artista  Nut E Iso, come la stessa ama presentarsi al pubblico. 

Una istallazione visitabile fino al 16 agosto a Modica , “a dieci scalini dal Corso Umberto”, nella camera da letto dell’artista.

Arte figurativa, nudi e volti appuntati in sequenza su un foglio, quasi un diario, un racconto interattivo, una scansione di pellicola, un dimamismo che ricopre la parete della camera da letto dell’artista. Spunti di verità o di menzogne? 

Punti vista. La matita la sua arma vincente. 

Schizzi? No.  Appunti nitidi di viaggio, erotici, privati,stesi su foglietti bianchi, tanti sulla parete della sua camera da letto,  intima location tra sogni e realtà. Sono “le figure dell’amore”.

Della mostra “Diario” ha parlato un autorevole professore universitario e  critico, Giovanni Anceschi, artista delle seconde avanguardie del Novecento dell’arte cinetica e programmata, nonché figlio del filosofo Luciano Anceschi del Gruppo 63. Riportiamo per intero il testo annesso alla brochure-locandina che titola:  “L’autrice è l’eroina”, di Giovanni Anceschi

“Per l’autrice è un gioco continuo fra vero e falso. Fra semplicemente verosimile e oggettivamente veridittivo

Già il fatto di presentarsi con uno pseudonimo è il segno di una grande scelta di ambiguità..Non è facile parlare di Diario, questa grande opera ed operazione di Nut, rimanendo confinati nel quadro del linguaggio della critica e della teoria normale o specifica dell’arte figurativa. Quello che sta facendo Nut è qualcosa di diverso, di ibrido e di metamorfico. Pur generata come un ventaglio di istantanee in fondo slegate e non sequenziali questa opera è decisamente una narrazione. Una narrazione aperta, interattiva. Una narrazione tabellare.

Ed è narrazione non tanto nel senso metaforico di quella generalizzazione concettuale che attraversa ogni tipo di modalità e di linguaggio (dal romanzo al film), ma è proprio quasi coincidente con la narrazione che si fa a parole, con la narrazione verbale, alla storia raccontata, alla fiaba: le figure, un po’ come fossero emoticons,  sono parole che si collegano e si dipanano dentro a una sintassi letterale e letteraria, dentro a una visual literacy.

 

Un grandissimo letterato, forse il più grande della stagione della neoavanguardia, Giorgio Manganelli, parlava di “letteratura come menzogna” e forse intendeva proprio che dovremmo dire  “mentire un segno”,  ovverosia, con Umberto Eco dovremmo renderci conto che “La possibilità di mentire è il proprium della semiosi. O forse dovremmo dire con Ch. S. Peirce che “un segno è ciò che sta per qualcos’altro” in sua assenza. E del resto il termine fiction vuol dire qualcosa di finto.

Dunque vero o falso e contemporaneamente vero e insieme falso. Perché un’altro tratto essenziale di questo lavoro è il carattere di ossimoro. Ossimoro come quando si dice disgustoso piacere o silenzio assordante.

C’è qui qualcosa di davvero eccezionale: il lavoro è molto grande e ha il respiro di un grande affresco pubblico ma è disegnato a matita e ricopre una parete nell’intimo della privatissima camera da letto di Nut. La ricopre con la finzione disegnata di una marea di foglietti applicati, quasi di post-it. 

Nut stringe insomma un patto con gli spettatori e promette che il lavoro dice e rappresenta il vero e il titolo “Diario” afferma esattamente questo (oltre che confermare, se ce ne fosse bisogno,  il carattere letterario del lavoro). Ma anche la modalità o lo stile del disegno che è quello dell’ appunto grafico, del disegno di campagna, del carnet de voyage, ci dichiara e promette  che l’autrice sta dicendo la verità. Una verità intima, privata, personale, erotica e perfino un po’ morbosa. Una verità appunto catturata nel flusso del divenire del reale.

Ma invece si può venire addirittura a scoprire che questa enunciazione veritiera è una warme Lüge, una calda menzogna, come dicono i tedeschi: alcuni fra i più intimi e proprio quelli che parlano più chiaro e rappresentano i gesti e le fattezze proprie degli intercorsi fra gli amanti, sono, infatti,  disegni ricavati da immagini filmiche di Greenaway  tratte dal suo film Drowning by numbers (tradotto con Giochi nell’acqua ma letteralmente Affogamento nei numeri).

La menzogna si rivela in fondo come il massimo della verità. L’eroina che è anche l’autrice si auto-ritrae  con modalità di disegno gestuale, dinamico, di schizzo rapido, si raffigura nella propria rete di relazioni, cogliendo se stessa dentro al fluire delle immagini cinematiche e televisive. Si coglie nella fenomenologia degli eidotipi, e dentro al caleidoscopio degli atti e delle figure dell’amore”.

 

L’artista vive a Modica ed ha studiato Arti Visive al DAMS  , Bologna.

La mostra si può visitare per appuntamento chiamando il numero +39.339.1906600.

 

Giovannella Galliano  

 

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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