Cultura
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  • Argomento: Poesia

Modica, 24 novembre 2019 – Una serata all’insegna della cultura, una serata tra poesia e storia, ma anche tra recitazione e musica. Un’articolata performance artistica che ha caratterizzato il quarto appuntamento pomeridiano promosso ed organizzato dal Caffè letterario Quasimodo di Modica, sabato 23 novembre. Ospite della serata il poeta e scrittore Salvo Micciche, sciclitano che vive a Ragusa. Tema della serata il panorama narrativo e letterario che si incunea nella dimensione poetica e storica dell’animo dell’autore. 

Nell’impeccabile introduzione curata dal professore Domenico Pisana, anima essenziale e infaticabile del Caffè Quasimodo, è stato sottolineato come la poesia in lingua e dialettale di Salvo racchiuda in sé «il fascino onirico e la semplicità del cuore del nostro popolo siciliano». «Nei suoi versi – ha detto Domenico Pisana – c’è forza valoriale ed etica, realismo e tensione ideale, suggestione di canto e ricerca di identità, geometria di immagini ed estasi di paesaggio, passione religiosa e testimonianza della fede, e tutto ciò costituisce sicuramente un punto di forza per affermare che la poesia resiste al tempo». E la forma dialettale di Micciché non è solo una lingua, ma è «un sistema di espressione del pensiero con le sue leggi grammaticali e lessicali, è non solo l’espressione testimoniale del pathos di una civiltà», ma anche «un “linguaggio” detto in una situazione di vita, uno scandagliare le nostre radici e un rivisitare un mondo che ci appartiene».

La serata, coordinata in maniera puntuale da Silvana Blandino (componente del Caffè Quasimodo, e poetessa), ha visto gli interventi di Marco Iannizzotto (avvocato, poeta e memoria storica nonché coordinatore della nostra testata), il quale ha posto l’accento sulla sensibilità dell’animo poetico di Salvo Micciché intrecciando l’articolata discettazione con la pluridecennale amicizia che lo lega con l’Autore e l’esperienza legata alla partecipazione a diverse iniziative letterarie. 

Lo scrittore e giornalista-pubblicista Giuseppe Nativo ha dedicato il suo intervento sulla dimensione storica delle opere di Micciché, da Onomastica di Scicli (1991) al libro Scicli. Storia, cultura e religione (2018), dove l’autore analizza la storia, la cultura e la religione di Scicli dal Medioevo al Cinquecento commentando le fonti e i reperti relativi alla storia della città, e rivisitando toponomastica, onomastica, culti e storie di uomini e luoghi, cristiani ed ebrei, dal V al XVI secolo, fino all’ultima pubblicazione, che uscirà in libreria il 28 novembre prossimo, dal titolo La Sicilia dei Micciché (edito da Carocci). 

«La poesia dialettale ho avuto modo di definirla “cosi priziusi” – dice Marco Iannizzotto –, poesia di cunti e storie sulle piccole cose. Un canto della memoria di tutti noi, che il poeta racconta per il gusto di “cuntari” e per il mai appagato bisogno di ricordare.  Con sguardo divertito il poeta ci porta negli angoli magici della memoria. La vocazione per le piccole cose torna anche nel terzo volume di versi in lingua italiana ma la memoria lascia spazio all’introspezione, i ricordi alla meditazione, all’importanza di sentirsi vivo e di sentirsi poeta». 

Brani tratti dai vari libri sono stati letti con grande passione, sentimento e mirabile efficacia recitativa da Giovanna Drago e Giovanni Blundetto fondatori ed anima della Compagnia “I Caturru” di Scicli, mentre il giovane musicista Vittorio Scorsonelli ha impreziosito la serata con intermezzi musicali al pianoforte molto apprezzati dal pubblico presente in sala. 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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