Scicli
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Festa di San Guglielmo a Scicli, domani 8 aprile.

Scicli, 7 aprile 2016 – Ripristinata da qualche anno la ricorrenza liturgica del Patrono della città. Presso la Chiesa Madre un programma di manifestazioni tendenti a ricordare la figura del Santo. Alle ore 18 la processione per le vie della città.

Suonerà il Corpo bandistico Busacca-Borrometi, che quest’anno vedrà anche la partecipazione di ragazzi dell’Istituto Comprensivo “Don Milani” (sezione musicale); studenti delle classi seconda e terza di Tromba e Clarinetto, che sfileranno accompagnando il simulacro con l’esecuzione dell’Inno a San Guglielmo.
L’iniziativa fa parte di un progetto scolastico dal titolo “Musica &Tradizioni” diretto dai Proff. Lucrezia Ragusa e Claudio Migliore, all’interno del quale gli alunni hanno studiato brani della tradizione popolare-religiosa sciclitana.


Per la festa del Patrono, domani, vacanza nelle scuole e negli uffici pubblici a Scicli e borgate.


Vita di San Guglielmo, una scheda di Claudio Magro


“Nato a Noto (Siracusa) in un giorno imprecisato del 1309 dalla nobile famiglia “Buccheri”, giovanissimo fu introdotto alla corte del re di Sicilia Federico II, dove per molti anni occupò il ruolo di uno degli scudieri del monarca.
Nel 1337 durante una battuta di caccia nei boschi alle falde dell’Etna, Guglielmo cavalcava al fianco del suo Re, quando da un cespuglio sbuca fuori un enorme cinghiale che si lancia addosso al sovrano. Guglielmo prontamente si getta sulla bestia, riuscendo a salvare la vita al Re, ma non riesce ad evitare un ferale morso al fianco che lo riduce in fin di vita.
Trasportato a Catania, un consiglio di medici prontamente convocato dal Re, non può far altro che costatare la gravità della ferita e concludere che allo sfortunato scudiero non restano che poche ore di vita.
Mentre Guglielmo è in agonia in sogno gli appare la Martire Sant’Agata che gli dice queste parole: “Sorgi Guglielmo, Fratello mio, abbandona la corte e va nella solitudine, dove Dio parlerà al tuo cuore”.
L’indomani, tra lo stupore generale della corte, Guglielmo si leva dal letto perfettamente guarito.
Portatosi al cospetto del suo Sovrano, che lo accoglie con gioia, gli parlò della visione avuta nella notte, e del suo desiderio di darsi alla vita eremitica. Il Re riconoscente verso il suo scudiero tenta di trattenerlo a se, ma vista l’irremovibilità di Guglielmo, lo convince ad accettare almeno un cavallo e una borsa di denaro.
Partito da Catania per rientrare nella natia Noto, giunto in località chiamata “primosole”, incontra un mendicante, con cui scambia gli abiti, e gli dona pure il cavallo e la borsa di denaro che aveva ricevuto dal Re. Da questo momento incomincia la nuova vita di Guglielmo, che rientrato a Noto occupa un eremitorio detto “Le Celle” attiguo alla chiesetta di Santa Maria del Crocefisso, dove si dedica alla preghiera e al servizio dei poveri, tra lo stupore dei suoi concittadini, che lo ricordavano bello e potente al servizio del Re e ora lo vedono umile e dimesso eremita nel saio di terziario Francescano. Nel 1343 accolse nel suo eremitorio delle “celle” un altro terziario Francescano, il piacentino Corrado Confalonieri, oggi Santo anche lui e patrono della città di Noto. Nel 1340 dopo diversi anni di fraterna convivenza, i due anacoreti decidono di separarsi, pare perché continuamente molestati da un nipote di Guglielmo, cotal Pietro Buccheri, che non sopportava che lo zio avesse abbandonato la corte reale e si fosse dato alla vita di misero eremita. Corrado si ritirerà nell’impervia contrada dei “pizzoni” sempre nei dintorni di Noto, dove passerà al cielo il 19 febbraio 1351. Guglielmo, pare per ispirazione della Vergine Maria, si porterà a Scicli, dove vivrà in una misera casupola adiacente alla chiesetta di Santa Maria della Pietà, esistente fuori dell’abitato. La sua lunga vita (vivrà 95 anni) passerà tra il servizio alla suddetta chiesa in qualità di sagrestano, e la questua tra i benestanti del paese, a cui chiedeva cibarie da donare ai poveri. Si racconta che per mettere in atto il consiglio evangelico di fare la carità in modo che la ” Sinistra non sappia ciò che fa la tua destra”, egli, quando sapeva un caso di una famiglia bisognosa, lasciasse gli aiuti dietro la porta di notte, bussava e correva a nascondersi in modo che nessuno potesse sapere che era lui a lasciare quei doni.
Un altro suo merito fu di accendere nell’animo della popolazione di Scicli, una grandissima devozione per il culto a Maria SS.della Pietà, e di aver istituito una processione la domenica delle palme, detta della “penitenza”, i cui partecipanti si flagellavano a sangue. La processione si svolge ancora oggi, con l’antichissimo simulacro di Maria SS. Della Pietà, anche se dal 1840 sono proibite le flagellazioni. Moltissimi sono i miracoli che si attribuiscono al Beato Guglielmo, sia in vita che in morte, come sono attestati negli atti del processo di beatificazione. Passò alla gloria del cielo il 4 aprile 1404, venerdì Santo, allorché per salutare la sua anima benedetta, nonostante il divieto imposto dalla liturgia del venerdì Santo, le campane delle chiese di Scicli suonarono da sole a festa.
Fu beatificato con breve del 9 aprile 1537 da Papa Paolo III.
I suoi resti mortali sono rinchiusi in un prezioso busto di argento che lo raffigura, busto che a sua volta viene custodito in una preziosa urna d’argento nella chiesa madre di Scicli. L’iconografia tradizionale lo raffigura nel saio Francescano con un bastone in una mano (pare fosse claudicante per i postumi della ferita del cinghiale), e nell’altra mano tiene un crocefisso. Il crocefisso che tiene in mano il busto reliquiario è lo stesso che stringeva al petto la mattina del 4 aprile 1404 allorché fu trovato morto.
La popolazione di Scicli lo invoca nel mese di aprile, allorché a causa della siccità ingialliscono i campi, per ottenere la pioggia.
Nel passato veniva invocato per ottenere la guarigione dall’ernia e ancor più per guarire dal morbo durante le pestilenze.
Quando la data di culto cade nella settimana santa il calendario liturgico regionale della Sicilia ne celebra la memoria il II sabato dopo Pasqua.”

Claudio Magro


articolo de Il Giornale di Scicli del 7 aprile 2016

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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