Regia Giorgio Bruno, produzione Fabiana Bosco

Spettacolo
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  • Genere: Cinema

«Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima». Così descriveva l’essenza della settima arte il regista Ingmar Bergman. Nulla di più vero. Il cinema, con i suoi luoghi in cui sono effettuate le riprese, è tra i settori fortemente colpiti dall’attuale cogente emergenza sanitaria. Ricordiamo a noi stessi che senza i lavoratori dello spettacolo non potrebbe esistere l’intrattenimento.

Per questo, per i lavoratori dei set cinematografici e relativi staff si è reso necessario organizzare una sorta di protocollo cui debbono fare riferimento tutti i soggetti che hanno a che fare con l’audio-visivo: società di produzione, noleggi, filmmaker, associazioni di categoria. In buona sostanza, un punto di riferimento comportamentale e un idoneo strumento operativo rivolto a tutti quei soggetti che, dando un contributo diretto e concreto all’organizzazione di una produzione, possano operare in sicurezza.

 

Per Ondaiblea abbiamo intervistato Fabiana Bosco

 

Cos’è cambiato dall’anno scorso ad oggi nel mondo della cinematografia?

— Per cercare di capirne di più abbiamo interpellato la dott.ssa Fabiana Bosco, giovane siciliana (è originaria di Palermo), che vive nell’Urbe perché quotidianamente svolge la sua attività lavorativa occupandosi di quell’articolato settore riguardante le varie fasi di realizzazione di un film. Dunque, un approfondimento sul mondo del cinema attraverso la testimonianza di chi vi lavora. Recentemente è stata tra gli invitati ad un incontro in video conferenza promosso da un liceo nisseno relazionando sulle produzioni cinematografiche. Un mondo sicuramente affascinante, che merita un’accurata perizia e dedizione, verso cui si è catapultata dopo gli studi giuridici.

 

Ci racconti un po' di sé e del suo ingresso nel mondo lavorativo?

— Il percorso di studi intrapreso mi ha portato a conseguire la laurea in giurisprudenza financo intraprendere il percorso come praticante avvocato, per poi decidere di far tesoro delle mie conoscenze e competenze giuridiche per reinvestirle nel mondo del cinema.

 

Ha assecondato una sua passione?

— Il cinema non è sempre stata la mi passione. Il desiderio di lavorare in questo settore è nato in me dopo aver frequentato a Palermo un corso multidisciplinare di cinema presso la scuola piano Focale. Solo dopo aver realizzato il progetto di fine corso, un cortometraggio, ho deciso di lasciare definitivamente la mia città per trasferirmi a Roma.

Giunta nell’Urbe, Fabiana, pur non avendo alcuna conoscenza, non senza difficoltà si mette alla ricerca di un lavoro. Frequenta il laboratorio del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, “Cinema e Organizzazione” a cura di Elio Cecchin, per poi incontrare la realtà di marechiarofilm, con cui ben presto inizia a collaborare. Nonostante avessi già lavorato per una produzione cinematografica, quella di marechiarofilm (con la regista Antonietta De Lillo) è stata per me la mia prima vera esperienza formativa in questo settore, la quale mi ha permesso di imparare tanto.

 

Dunque, un mondo visto dall’interno che sicuramente è diverso da quello che si percepisce dal di fuori? 

— Certamente. All’inizio non conoscevo le dinamiche sottili e complesse cui sottende la realizzazione di un film. Dalla ricerca dei finanziamenti attraverso i bandi pubblici alla finalizzazione e promozione di un film. Spesso si è portati a pensare che chi lavora nel settore cinematografico sia un individuo dotato di grande creatività, ma la realtà è diversa. Ovviamente creatività e genio sono la base, ma per far fronte a questo lavoro, per essere definito una vera operatrice/operatore del cinema, bisogna avere grande disciplina, competenza, passione, tecnicismo e soprattutto molta dedizione.

 

Una multiforme realtà?

— Infatti. Accanto all’esperienza di marechiarofilm ho conosciuto altre realtà come Stand by me e Orange Media, approcciandomi ai format televisivi, i quali pur parlando il linguaggio del set, sono pensati e realizzati in modo completamente diverso. Alla fine del 2019 ho incontrato Explorer Digital, e il regista Giorgio Bruno il quale mi ha portato a conoscere un’ulteriore ambito di questa poliedrica realtà, affiancandomi alla post produzione audiovisiva, con la quale attualmente continuo a collaborare.

Il percorso lavorativo intrapreso la porta, immancabilmente, ad intrecciare e rivestire di nuova forma le sue competenze. Nel mio lavoro quotidiano mi occupo di supervisionare tutte le fasi di realizzazione di un film, dalla fase di pre-produzione, passando per la redazione dei contratti d’autore, alla lettura delle sceneggiature, all’organizzazione vera e propria delle riprese, fino ad arrivare alla fase di finalizzazione, seguendo e organizzando le attività di post produzione, il montaggio, il sound, la color e gli effetti visivi.

 

Un’esperienza lavorativa senza dubbio frenetica che l’anno scorso è stata stoppata o comunque ha subìto forti rallentamenti? 

— Come tutti mi sono fermata quando è iniziata l’emergenza sanitaria adeguandomi alla lentezza di un mondo che in poco tempo ha cambiato velocità. Nonostante sia stata fortunata perché ho continuato a lavorare alla post-produzione di alcuni progetti che avevamo intrapreso in tempi precedenti, abbiamo comunque subìto l’interruzione delle riprese riguardanti nuovi progetti.

 

Il cinema ha subìto una trasformazione?

— Abbiamo assistito a nuova forma di cinema, a volte fatto in casa, a distanza, con strumenti alternativi. Abbiamo ricominciato a girare e andare sul set ad ottobre del 2020, seguendo le direttive del protocollo Covid obbligatorio per chi opera nel settore audiovisivo. Il mio ritorno sul set è stato grazie alla realizzazione delle riprese del cortometraggio dal titolo Sunshine, prodotto nell’ambito del 42h film festival, vincitore del premio della giuria Rai Movie | Movie mag. Sul mini-set di Sunshine, altamente contingentato (eravamo una troupe di sole dieci persone) tutti quanti abbiamo indossato costantemente le prescritte mascherine. Lo stesso protocollo di contingentamento va seguito per qualunque progetto audiovisivo, il tampone o l’esame sierologico, è obbligatorio per tutti i competenti della troupe, così come i dispositivi di sicurezza, il monitoraggio quotidiano della temperatura, nondimeno il tampone antigenico viene ripetuto più volte a seconda della durata delle riprese. Ricordo, in occasione di un altro progetto più grande realizzato a novembre 2020, lo sforzo della truccatrice, la quale oltre ad indossare, come tutti i membri della troupe, la mascherina, era obbligata a portare una seconda protezione, una visiera protettiva in plastica che le occupava tutto il viso, per proteggere sé stessa e gli attori sui quali andava a lavorare a stretto contatto.

 

Il cinema al pari degli altri settori si è dovuto adeguare ed evolversi per continuare ad esistere. Quali sono le sue riflessioni al riguardo? 

— A mio parere, sarebbe più interessante riflettere non solo sulle modalità di adeguamento con cui il settore del cinema si è trovato a confrontarsi per sopravvivere alla pandemia, ma anche sulle dirette conseguenze del suo impatto sul settore. Prima della pandemia la crisi dell’afflusso di pubblico nelle sale cinematografiche era già in atto. Oggigiorno molti film sono pensati e realizzati a monte con l’intento di essere distribuiti direttamente sulle piattaforme, bypassando l’uscita in sala, perché di fatto ha un costo inferiore.

 

Dal punto di vista delle risorse economiche, che alternative si potrebbero studiare?

— Forse bisognerebbe ripensare il modo di allocare le risorse economiche, con una redistribuzione più equa nei settori dell’arte e della cultura, alla luce dell’acclamata consapevolezza che ora più che mai abbiamo capito che l’arte, il cinema ed i contenuti culturali sono indispensabili. Non dobbiamo dimenticare che dietro le immagini in movimento proiettate sui nostri schermi vi sono tantissime persone, che pensano, scrivono e lavorano alla loro realizzazione, e che sono le prime ad essere tagliate fuori dal beneficio delle risorse, sia in tempi di crisi che non. A tutti loro, o meglio, a tutti noi - che ne siamo parte - rivolgo il mio pensiero.

 

Sarebbero necessarie nuove soluzioni? 

— Una soluzione potrebbe essere quella di inserire il cinema come materia di studio nelle scuole e non come materia a scelta da seguire nelle ore pomeridiane, ma come disciplina di studio al pari delle altre. Il cinema non è solo intrattenimento, ma è lo specchio della realtà contemporanea, è uno strumento di critica sociale, ci fa riflettere e ci arricchisce. Studiare cinema a scuola, non soltanto darebbe più spazio lavorativo agli operatori del settore, ma permetterebbe di far maturare negli alunni un grado di consapevolezza e sensibilità al fine di consolidare in loro le competenze sociali e civiche. Infatti, quando si realizza un film, partendo dalla creazione della storia alla realizzazione delle riprese, è necessario lavorare in gruppo, fare squadra, rispettando i ruoli e le idee di tutti. Il cinema è un prezioso strumento pedagogico, in grado di sollecitare la creatività ed incidere positivamente sui processi di apprendimento.

 

a cura di Giuseppe Nativo

 Regia Giorgio Bruno, produzione Fabiana Bosco

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

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