Cultura
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  • Argomento: Racconti

Il destino a volte è beffardo, a volte ritorna come un boomerang e niente e nessuno pare possa cambiarlo nella buona e nella cattiva sorte.

La storia di Adele è l’ultimo cuntu cuntatu da una vecchina tutta curva, a za Pippina, che con le lacrime agli occhi, ricorda emozionata quei fatti, e il cuore le si chiude e le si duole a pensare quel dolce viso innocente e quel volto impaurito da povera picciuttedda. All’epoca, nun c’era na vanedda ra “Iureca” ca nun si parlava di sti fatti e ognuno lasciava ’na sintenza.

Adele, prima figghia di don Gasparinu, u cerusicu, fu letteralmente sbattuta in strada, strappata da quelli che erano stati i suoi affetti, mortificata nell’anima, deturpata nell’intimo e additata come donna della più infima specie. «Figghia sdebosciata», le apostrofò in modo lapidario suo padre. «Buttana! Vatinni ri sta casa, ca sulu fango e vergogna jittasti. Vatinni, nun ti  vogghiu viriri chiui!»

L’unica colpa di Adele era stata quella di aver creduto all’unico uomo che era entrato nella sua vita, Cola, che le aveva promesso mare e monti e una vita diversa da quella che finora aveva vissuto. Una vita di amore e ricca di agi e con tanto di servitù.

Cola era un uomo dallo sguardo penetrante, con occhi da uomo del Sud, fondi, scuri, ma che avevano tuttavia qualcosa di minaccioso che Adele, innamorata com’era, non riusciva a percepire. Spalle larghe e una galanteria affascinante possedeva, per cui era facile che ogni giovane donna cadesse nella sua rete di adulazioni e il fatto che avesse scelto proprio lei, Adele si sentiva unica e lusingata. Tutte quelle blandizie! Sì, Adele era proprio al settimo cielo!

«Adele, –  bofonchiava Cola –  dammi la prova d’amore e ti sposo rumani stissu

«Nonsi» – rispondeva cautamente Adele. Ma dopo tante insistenze, Adele acconsentì alla cosiddetta prova d’amuri, fiduciosa delle promesse del suo Cola che giurava fedeltà e devozione a destra e a manca. Munzigneru e vastasu si rivelò!

Adele, un’anima pia, ’na creatura buona e profondamente ingenua, credeva e si fidava delle parole del suo uomo e cedette, seppur di malavoglia, alle insistenze del suo amoroso. Tutto il suo amore fu consumato teneramente e furtivamente durante un pomeriggio d’estate, sotto l’ombra di un carrùa, mentre la canicola vampava e i pinseri erano tutti strammati po forti sciroccu.

Adele quel giorno ritornò a casa con occhi sognanti, colmi di speranza. Presto avrebbe messo su la sua famiglia e insieme a Cola avrebbe trascorso la vecchiaia con tanti nipoti intorno. Povera Adele! Cola non si fece vedere né quel giorno, né il giorno dopo, né mai e Adele rimase sola e con un figlio in grembo. Appena il padre venne a sapere che la sua amata figlia aspettava un bastardino, successe ’na cumeddia.  

Adele fu cacciata da casa, in malo modo, accusata di aver disonorato il nome di famiglia e che non avrebbe mai più messo piede in quella casa onorata e stimata da tutti.

«Megghiu aviri na figghia môtta, ca nu bastardu  peri peri», blaterava il padre!  

Adele, disperata com’era, andò via. Sola.  Si diresse lontano, dove l’onta non poteva raggiungerla e in una città del continente, fece nascere la sua creatura, Angelina. Non fu una bella vita per Adele. Lavorava come cameriera in una locanda di infimo ordine tra beoni e malfattori e di giorno lavava le cose luride e lerce dei suoi padroni. Angelina invece crebbe in un istituto per orfanelli, anche se Adele l’andava a trovare appena poteva. La bambina si fece ragazza e poi signorina e  quando fu tempo di sbattere le ali da sola, scappò via dall’istituto. Anche per lei fu una vita travagliata e difficile e anche per lei, il destino beffardo e crudele, le serbò lo stesso trattamento ignominioso della madre. Conobbe un uomo più grande di lei che successivamente l’abbandonò lasciandola povera e pazza. Ebbe anche lei un fagottino da custodire? Questo â za Pippina non lo rivelò, ma il destino è strano. Fa un giro immenso, per poi tornare puntuale come un orologio svizzero e presentare le cambiali che non si sono pagate. Per alcuni non dà credito, non fa sconti e per questi disgraziati non c’è modo di cambiare e riscattare quella vita sfortunata.

Adele, come tante altre fimmini siciliani, fu vittima di una mentalità retrograda, arcaica, fagocitata da un sistema misoneista che non ha lasciato spazio a qualsiasi forma di apertura.

Una “Sicilia giudicante” bigotta e immobile, incapace di uscire fuori dai pregiudizi imperanti, dettati dall’ignoranza e da una chiusura verso ogni forma di progresso, ma forse la forza del destino è scritto nella mappatura dell’esistenza umana e a questo, ahimè, non c’è rimedio. Forse!

Erano gli anni ’60 del secolo scorso.


Gabriella Fortuna

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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