Cultura
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Mostra: In cerca d’autore
Autore: Salvo Barone
Curatore: Andrea Guastella
Organizzazione: Associazione Culturale Aurea Phoenix 
Catalogo: Aurea Phoenix Edizioni  
Luogo: Civica Raccolta “Carmelo Cappello”, Palazzo Zacco, via San Vito 158, Ragusa
Recapito telefonico: 0932 682486 (Centro Servizi Culturali, Ragusa) 
Inaugurazione: sabato 20 febbraio 2016, ore 18.00 
Durata: 20 febbraio – 19 marzo 2016 
Orario: martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 8.00 – 14.00, 15.00 – 19.00; sabato ore 9.00 – 13.00, 15.00 – 19.00
Giorno di chiusura: domenica, lunedì e festivi
Ingresso: libero
  
Si inaugura sabato 20 febbraio 2016, alle ore 18.00, presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello” di Palazzo Zacco a Ragusa, la mostra In cerca d’autore, catalogo Aurea Phoenix Edizioni, a cura di Andrea Guastella. L’esposizione raccoglie una selezione di opere recenti del maestro Salvo Barone, «artista», come dichiara l’Amministrazione Comunale, che la città di Ragusa «ha già ospitato in svariate occasioni, ma mai con una personale così ricca come questa accolta nelle splendide Sale di Palazzo Zacco, dove i suoi dipinti possono dialogare con le sculture di Carmelo Cappello». 
Dal testo in catalogo di Andrea Guastella: «Frequento Salvo Barone da un po’ e, come attesta l’antologia della critica in coda al catalogo, che accoglie numerosi testi miei, ho avuto il piacere di collaborare alla realizzazione di una discreta parte degli eventi che lo hanno visto protagonista nell’ultimo decennio. Ho così potuto costatare da vicino come la sua arte abbia costantemente riflettuto su se stessa, sulla sua condizione di strumento di conoscenza, finendo quasi per configurarsi quale tentativo di svelare il meccanismo e la magia della pittura e il passaggio dalla persona all’immagine, dall’aver forma all’esser forma. 
Non si spiegherebbero altrimenti i suoi paesaggi umanizzati o, per restare alla ritrattistica, cui la presente rassegna è dedicata, la sua vecchia ossessione per Medea, considerata alla stregua di un doppio al femminile. Medea, in effetti, uccide i propri figli alla stessa maniera in cui l’artista “uccide” i suoi soggetti rivelandone aspetti incoffessati o si accanisce sulle opere con infinite stesure. Esaurito quel ciclo, emblematico ma al limite castrante, Salvo si è infine deciso a inoltrarsi senza difese nel reale. 
Le sue figure cessano quindi di essere ritratti – fermo restando che in un vero ritratto il modello dovrebbe mostrarsi  consapevole del ruolo che gli spetta – per diventare sagome, ectoplasmi, gusci vuoti, ignoti personaggi in cerca d’autore. 
“Un personaggio”, scriveva Pirandello, “può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre ‘qualcuno’. Mentre un uomo […] un uomo così in genere, può non essere ‘nessuno’”. 
Ma come, protesterete voi, alcuni “personaggi” convenuti in questa mostra sono riconoscibilissimi: uno è un noto pittore, un altro un raro esempio di politico onesto, un altro ancora un intellettuale di chiara fama. 
Certo, le loro generalità le conosciamo, ma cos’altro sappiamo di loro? In che modo veicolare mediante un’immagine un pensiero o un’emozione?
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose”, asserisce ancora Pirandello, “ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci […] se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!”. 
Se la parola inganna, l’immagine, che addirittura è muta, inganna ancora di più. Non mi riferisco, ovviamente, all’immagine istituzionale, trasmessa dai media o a quella pubblicitaria, con le pose affettate e i colori sgargianti cui siamo tutto sommato assuefatti. 
Mi riferisco all’immagine vista, alla verità percepita nella vita di ogni giorno. Le figure di Salvo sono infatti riprese in pose naturali: mentre assistono a una conferenza o partecipano a una cerimonia, mentre camminano per strada o sostano sulla pubblica piazza. Ma sulla tela i luoghi sono omessi, è come se non esistessero: il bianco agghiacciante dell’imprimitura o, a volte, in un ciclo di lavori non a caso definiti “Sabba”, la folla straripante di perfetti sconosciuti ammucchiati uno sull’altro, risucchiano ogni ipotesi di spazio. 
Gli ambienti, le vesti, le pose che tanta parte hanno avuto nella pittura tradizionale svaniscono d’un tratto, come se il nulla in cui gli uomini vivono e la superficialità dell’arte per un istante si toccassero nella finzione del quadro. 
Oltre le sembianze e gli abiti ugualmente consumati, i “personaggi” di Salvo non sono dunque che segni, geroglifici astratti e, in quanto tali, non rimandano a una certa persona, ma allo spazio infinito a cui la sola presenza di quella data persona pone un limite inspiegabile e quasi inaccettabile.  
Il portato di questa decostruzione, di questa insistenza sulla nudità dell’individuo esiliato dal palcoscenico della pittura, che è poi il riflesso del suo contesto abituale, è  – perché negarlo? –  una sensazione di angoscia. 
Risiede forse in tale clima (per non parlare dei riferimenti culturali di matrice esistenzialista che, poco compresi, hanno potuto sollevare un sospetto di non professionalità) la ragione per cui questo artista straordinario che costituisce l’elemento di congiunzione tra la solare espressività di un La Cognata e l’intimismo riflessivo di un Guccione, ha riscosso una fortuna, tutto sommato, contrastata. 
Salvo non sa proprio compiacere. Non si immerge nel cuore del vitalismo panico né ascende alle vette solitarie della meditazione. Ogni creatura la scorge piuttosto accartocciarsi nel dolore: i suoi uomini ombra, per dirla con Sartre, “per essere destinati a perire nella medesima notte in cui sono nati”, sono tra i pochi a conservare “l’eccezionale grazia di apparire perituri”. 
Tutto ciò, si capisce, può anche ripugnare. La vita, come ripeteva Renoir, è già di per sé troppo dura perché lo sia anche la pittura. 
A quanti però hanno il coraggio di guardare, essa dona una dolcezza triste, una gioia pensosa, un’allegria devastata che ritemprano il cuore. E ripagano, abbondantemente, della fiducia accordata».
 
Salvo Barone nasce a Comiso il 12 maggio del 1954. Nel 1987 consegue il diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nell’anno precedente al suo diploma vince il Premio di incisione Brisighella e a Bologna, ancora nel 1986, è vincitore del Premio Zucchelli di pittura. Nel 1987 vince, sempre a Bologna, il Premio Morandi di incisione e partecipa ad Arte Fiera. Nel 1990 la Galleria Zona di Visibilità di Scandiano lo invita per una personale che riproporrà, ampliata, presso il Centro Servizi Culturale nella sua città natale. Nel 1993 Barone comincia a collaborare con la Galleria Grimaldi di Modica e con lo Studio Nuova Figurazione di Ragusa, dove esporrà in una personale nel 1994 e, assieme a Giovanni La Cognata, nel 1995. Nel 1994 è a Sciacca per la collettiva Mediterranea, aspetti dell’arte in Sicilia e nel 1995 viene invitato a partecipare alla mostra Restart – Progetti per l’arte contemporanea ai Musei Civici di Reggio Emilia; poco più tardi, con lo Studio Nuova Figurazione partecipa all’Arte Fiera di Palermo e ad una mostra collettiva organizzata dalla Galleria Repetto & Massucco di Acqui Terme. Partecipa, nel 1997, alla collettiva Arte Multipla – La figurazione nella grafica alla Galleria degli Archi di Comiso e, l’anno successivo, è presente alla collettiva Otto artisti in galleria tenutasi presso Il Quadrifoglio di Siracusa. Ancora nel 1998 la Galleria degli Archi lo invita assieme a Frangi, La Cognata e Velasco alla mostra Pittori nel tempo. A Palazzo Mormino di Donnalucata è presente nel 1999 con Opere insieme ‘99 e, nello stesso anno, alla mostra Artisti iblei – omaggio a Vittoria. Nella primavera del 2000 di nuovo la Galleria degli Archi lo vorrà tra i partecipanti alla mostra in omaggio a Piero Guccione nel giorno del suo 65° compleanno Piero Guccione – Jour de fête e, nell’ottobre delle stesso anno, ad Inchiostri: scritture e icone per l’arte. L’anno successivo a Santa Venerina e poi a Comiso alla Galleria degli Archi presenta Senso o il bacio di Hayez, un divertissement pittorico attorno al bacio che Luchino Visconti, in Senso, ricostruisce con perfetta aderenza all’omonimo dipinto di Francesco Hayez per i due nemici amanti. Ancora nel 2001 l’Associazione culturale La Voce di Comiso lo presenta con una personale dal titolo Disegni. Nel 2003 è presente alla mostra Le primavere di Franco Sarnari, allestita a Palazzo Spadaro di Scicli e voluta per festeggiare i settant’anni di Franco Sarnari. In seguito è a Modica alla Galleria Lo Magno per la collettiva Per Disegno, ad Acate, presso il Castello dei Principi di Biscari, per la mostra Mappe dell’Arte nell’Isola e a Palermo per la mostra itinerante Artisti in Sicilia organizzata dalla Galleria ‘61. Nel 2004 e nel 2006 presenta due personali con ritratti e paesaggi presso il Cinema Lumière di Ragusa e il Caffè letterario Brancati di Scicli. Nel 2009 partecipa al convegno di studi I volti di Medea organizzato dal Liceo Classico Umberto I di Ragusa con la personale Medea, tenutasi sempre a Ragusa presso il Cinema Lumière; è poi a Messina presso la Galleria Il Sagittario con la personale Figure e paesaggi e, sempre con una personale, presso la Galleria Koinè di Scicli. Nel 2011 illustra il volume Storie di San Giorgio Cavaliere di Andrea Guastella e tiene una personale con le immagini pubblicate nel libro presso l’Auditorium della Chiesa di San Rocco a Ragusa. Nel 2013 l’ultima personale a Comiso, presso Palazzo Pace. Partecipa inoltre a svariate collettive, tra cui da segnalare è la mostra Artisti di Sicilia. Da Pirandello a Iudice, Ex-Stabilimento delle Tonnare Florio, Favignana; poi: Palazzo Sant’Elia, Palermo; Castello Ursino, Catania. Salvo Barone insegna Discipline pittoriche presso il Liceo Artistico di Modica. Vive e lavora a Comiso.

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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