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Da questo numero Salvo Figura, medico e scrittore, presenta per i lettori di Ondaiblea “Gialli in 6000 battute”. Si comincia con “Tanti piccoli grani rossi”. Ogni mese l’autore proporrà un nuovo racconto…

 

Tanti piccoli grani rossi

 

un giallo di Salvo Figura

 

 

Barletta, 12  febbraio 1503 ora sesta "all'italiana", quinta dopo il tramonto.

 

Monsieur Guy de la Motte, persistete nelle offese? – tuonò Fanfulla dal capotavolo.

Nella piccola cantina risuonavano risate e contumelie dei sei cavalieri, italiani e francesi.

Le belle figlie dell'oste, Maria e Isabella, si alternavano nel servir loro castrato alle erbe, legumi e coppe su coppe di vigoroso vino pugliese. Tornavano poi ai mestieri di casa o al lavoro di filatrici, in cui Maria eccelleva.

– Sì, lo affermo con forza, o mio imbelle soldato di ventura: i cavalieri italiani sono infingardi mercenari. E domani ve lo dimostreremo.

– Attento Monsieur Guy! – intervenne Riccio da Parma, il più bel cavaliere di ventura e il più grande rubacuori che avesse mai scorrazzato sul suolo italico. – Fanfulla da Lodi è ormai un Capitano di bandiera, e appena ne avrà l'occasione vi infilzerà col suo spiedo, come questo castrato.

Proruppero in una sonora risata. Le leggi del cavalierato consentivano offese anche pesanti purché poi lavate nel sangue di un nobile duello.

– Forse mi infilzerà, – mimò Guy – ma non riuscirà ad arrostire le mie terga. – Concluse col suo buffo rotacismo francese.

Si unirono alle risate anche gli altri cavalieri: Ettore Fieramosca, comandante dei lanzi italiani, e i due francesi: Jacques de la Fontaine e Sacet de Sacet, noto per un rosario di piccoli grani rossi, che teneva sempre stretto al collo.

Mentre riprendevano nuove offese e diatribe, i sei cavalieri vuotarono le coppe che Isabella portava di continuo. 

Riccio da Parma ne approfittò per  carezzare, lieve, la coscia della serva sussurrandole qualcosa. Quella rise, ma il gesto non sfuggì a Maria, benché lontana e impegnata col fuso.

– Perché la disfida, proprio il 13 febbraio Monsieur Fanfulla? – riprese Guy.

– Perché tredici saremo noi e altrettanti voi e moltiplicato per due, febbraio, fa un totale di ventisei: tanti quanti saremo sul campo. Semplice no? – Rimarcò il lodigiano arricciandosi i baffi.

– Numero esoterico! – sbuffò Guy, stentando nel pronunciare le troppe “erre”.

La serata, vigilia di una mortale disfida “benedetta” dagli spagnoli per il dominio di un pezzo d’Italia, era nei fatti un nobile conviviale.

Riccio da Parma emise un sonoro sbadiglio, vomitò del castrato e adagiò la fronte sul gomito già flesso sopra la tavola.

I cavalieri sghignazzarono per quel gesto, e ritenendo Riccio ormai ciucco, fecero per lasciare la locanda abbandonandolo al suo sonno.

Maria si accostò, ancora col fuso in mano, per sparecchiare, scarmigliò i lunghi riccioli rossi del giovane, e lanciò un urlo.

 

Consalvo da Cordoba, giunto dopo pochi minuti, fece bloccare le uscite e sequestrò i cinque cavalieri, l'oste e le figlie. Poi solennemente:– Io Consalvo Fernandez de Cordoba, Gran Capitano del Regno di Napoli, esperto medico fisico, condurrò l’indagine. Ognuno torni al proprio posto.

Si rivolse poi a Sacet: – Voi affermate che Riccio fino a poc’anzi, rideva e scherzava?

Sûrement Su Excelencia. Egli mi è stato accanto tutta la sera. Je pense è morto pour le coeur. Forse...

– Silenzio, cavaliere, espongo io le ipotesi, – soffiò Consalvo mentre esaminava il capo del morto.

Gli aprì le palpebre ancora tiepide, osservò le verdi iridi e le pupille ampie, poi afferrò la coppa da cui Riccio aveva bevuto e invitò Fanfulla ad alzarsi.

– Voi, cavaliere, eravate seduto dirimpetto a Riccio, nevvero?

– Sì, Excelencia, non lo nego, ma io sono italiano come lui, che motivo avrei avuto per...

– Sé caballero, silencioso! – ringhiò contro il lodigiano. –  Zitto e vuotate la vostra scarsella, prego!

Fanfulla obbedì deponendo sul tavolo tre monete d’argento e un grande fiore secco che Consalvo identificò nella Dathura.

– E con codesto fiore, cavaliere, speravate di vincere la disfida? – riprese con arroganza –Sapete cosa provoca la sua ingestione, vero? Vi so esperto. Anche nella coppa di Riccio c'è un vago olezzo di codesta essenza.

– Excelencia! – protestò Fanfulla – col fiore io lenisco i dolori delle ferite in battaglia, e non vi consento di insinuare…

– Mantenér la calma, caballero! Vedremo. Maria, accostatevi qui alla mensa, prego. Portate il vostro... arnese e voi cavaliere Sacet, deponete sul tavolo il vostro rosario.

Mentre Maria dalla sua sedia da filatrice si recava al tavolo, Consalvo iniziò a sgranare il rosario come se pregasse. Alla fine della conta, e sopraggiunta Maria, esordì in un grande sorriso.

– Ditemi Monsieur Sacet de Sacet, i grani del vostro rosario hanno una macchia nera alla base, con cosa sono fatti?

Il francese divenne di colpo pallido, iniziò a balbettare…

– Monsieur Sacet, – lo incalzò Consalvo – sono cinquantatré, ne manca uno. E ogni grano è un velenoso seme di Abrus Precatorius, l’albero del rosario. Gli africani convertiti ne fanno collane e rosari.

– Un solo grano ucciderebbe un uomo – chiosò Fanfulla. 

– E quello mancante lo avete fatto ingerire a Riccio da Parma – concluse Consalvo.

– Io non volevo ucciderlo – supplicò Sacet. – Io volevo solo stordirlo per due giorni.

I cavalieri guardarono sbigottiti Sacet in lacrime, poi Consalvo riprese: – Maria, vi siete punta col fuso o torcete la lana col colore rosso? Guardie, arrestate questa donna, è lei che ha ucciso Riccio da Parma – soffiò tra i denti Consalvo.

– Era da giorni che il mio amore se la intendeva con Isabella – urlò inviperita Maria – e questa notte avrebbero consumato ancora. Si erano accordati, li avevo uditi, non potevo permetterlo. Colsi l'occasione di Riccio stordito dal vino e...

– … e accecata dalla gelosia – riprese Consalvo – gli avete infisso un lunghissimo ago nella nuca, su fino al cervello uccidendolo all’istante. Poi avete nascosto l’ago nell'incavo del fuso: Eccolo! – lo sfilò con gesto plateale. La sua capigliatura riccia ha bloccato il sangue.

– Ma allora i semi? – replicò Fanfulla.

– Il seme non l’uccise, ci andò vicino, ma l’avvelenò e le pupille ampie ne erano un indice precoce.

La disfida si farà con un cavaliere in meno per parte e Maria verrà impiccata alla fine del duello.

Fine 

 

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Una vita da medico anestesista a far sognare la gente, mentre Salvo Figura sogna di scrivere racconti e romanzi.

L'incontro con Vincenzo Vizzini prima e Franco Forte dopo, fanno avverare i sogni. Si inizia così, coi racconti ultrabrevi delle antologie "365", della Delos Books, un premio WMI, diverse pubblicazioni sulla rivista "Writers Magazine Italia", seguiti e intervallati da due premi al Concorso Nazionale di narrativa Albero Andronico di Roma e al premio LILT di Parma per medici scrittori.

Si approda poi alla "grande famiglia degli scrittori Mondadori" con: "Asparago siculo" su Giallo 24 e "La neve di Piazza del Campo" su Giallo 3077. Fino agli History Crime: "La terra, il cielo e il costato" di Delos Digital, "La pulce e il cappio", "Il sole di Copernico". "Morto che parla"  è invece una Medical anthology, ancora per Delos Digital.

Molte e costanti collaborazioni con giornali online ("Rosebud" e "OndaIblea") e cartacei ( "Il Dialogo"). Selezionatore a due Premi "Grangiallo città di Cattolica", continua a cimentarsi con la scrittura creativa mainstream.

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Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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