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A Palazzo Garofalo mostra di opere del maestro Franco Cilia

 

Si è inaugurata sabato 29 aprile la mostra di Franco Cilia “Il tempo di Goya nella collezione di Sebastiano D’Avola”, riscontrando notevole successo di critica nonché affiatata partecipazione di pubblico intervenuto nel corso della serata. 

L’evento, organizzato dallo Studio Legale Associato D’Avola e dall’Associazione Aurea Phoenix a cura di Andrea Guastella, presso Palazzo Garofalo a Ragusa, fornisce la possibilità di apprezzare “la collezione di dipinti di Franco Cilia che il compianto avvocato Sebastiano D’Avola raccolse nel suo studio dalla fine degli anni Settanta agli anni Novanta”. Si tratta di un corpus di oltre quaranta lavori, molti dei quali esposti in musei come il MASP di San Paolo del Brasile. “Senza l’acume di Sebastiano D’Avola –puntualizza Andrea Guastella - queste opere si sarebbero di certo disperse per il mondo”. 

 

Una nutrita collezione dovuta anche ai rapporti amichevoli tra i due? 

“Per almeno un ventennio, la collezione D’Avola si accresce di una media di due Cilia per anno e i rapporti diventano insistenti: l’avvocato visita Franco nel suo laboratorio, dove Aldo, che accompagnava spesso il padre nelle sue scorribande, lo ricorda aggirarsi come stesse danzando nel suo camice imbrattato di colori, e Franco ricambia frequentando il salotto dell’avvocato, dove egli stesso tiene testa senza alcun ossequio a critici del calibro di Marcello Venturoli”. 

 

Lo studio D’Avola è stato, dunque, lo spazio privilegiato della loro amicizia? 

“È proprio lì che nasce l’amicizia tra un “ottimo maestro” e un “esimio avvocato”. C’è da dire che nonostante la stretta consuetudine i due si diedero sempre del lei e che Franco e Sebastiano - Michelangelo e Giulio II redivivi - progettano la nuova Cappella Sistina. Tutte le pareti dello studio vengono infatti gradualmente ricoperte da dipinti dell’artista. L’avvocato, che trascorre la maggior parte del tempo in quel luogo, vuole tenerli sempre sotto gli occhi”. 

 

Ma perché tanta attenzione? 

“Un avvocato navigato sa che, dietro un volto dolce, si celano sovente i più atroci misfatti. Perciò desidera specchiarsi in quadri visti dall’interno, dove gli uomini non sono colti per come si mostrano, ma per come sono”. 

 

Di cosa si tratta? 

“Una serie di Maschere, di Ombre, di figure impietrite su cui giganteggia un olio dei tardi anni Settanta che impressionò Leonardo Sciascia, un d’après della Fucilazione del 3 maggio 1808 con un “pazzariello napoletano” nel gruppo dei condannati, significativamente intitolato Omaggio a Goya. E alla Fucilazione di Goya il maestro Cilia dedica complessivamente sei pezzi, facendone la via d’accesso privilegiata alla raccolta”. 

I dipinti di Franco Cilia sono, come ebbe a scrivere Bufalino, “metafore di un’antica infelicità di un fuligginoso horror mediterraneo, che non si possono guardare senza spavento né pietà”. Sono immagini che colpiscono perché in esse Goya, e Cilia con lui, non hanno collocato i sentimenti degli uomini in una dimensione altra, facendone dei simboli, delle allegorie fantastiche, ma si sono sforzati di rivelarli nel modo più vero. “Nella loro pittura – spiega Andrea Guastella - i mostri e gli uomini hanno lo stesso corpo, vivono fianco a fianco le medesime avventure: la splendida modella e la maschera o il mostro alle sue spalle sono entrambe reali”. 

Il maestro Franco Cilia, non senza emozione, ha ricordato la figura del compianto avv. Sebastiano D’Avola che da collezionista di quadri, e ancor più da amico, ha assunto un ruolo importante in quegli anni. “Per un pittore– confessa Cilia - il collezionista riveste un ruolo determinante. Lo associo al critico che, per decenni, segue costantemente il suo lavoro, ne condivide i momenti creativi più significativi, lo aiuta tangibilmente nelle circostanze più dure. Io ho avuto la fortuna, nella mia ormai lontana giovinezza, di incontrare a Ragusa un collezionista vero, autentico, un amico, un uomo, cui affidare i lavori della mia creatività”. 

Presente in sala come ospite illustre, ma anche come organizzatore, l’avv. Aldo D’Avola, figlio di Sebastiano, che ha ringraziato Franco Cilia, maestro delle arti visive e non solo, ripercorrendo i tratti che hanno caratterizzato la stretta amicizia che legava suo papà a Franco in quanto “entrambi erano molto appassionati dell’arte vivendo appieno e con schiettezza e senza secondi fini i loro ruoli di artista e di collezionista, arricchendosi l’uno dell’altro in uno scambio sempre vero e proficuo”.

 

Il Franco Cilia di Sebastiano D’Avola non è mai solo un colorista o un disegnatore. Egli racconta una storia vera e, al contempo, irreale, fantastica e mostruosa ponendo all’osservatore una riflessione: le deformità esteriori dei personaggi sono reali o esprimono invece la bruttezza interiore che talora si sprigiona dall’intimo di ciascuno di noi?

 

La mostra rimarrà aperta dal 29 aprile al 27 maggio (ore 10.00 – 13.00, 16.00 – 19.00; giorno di chiusura: domenica pomeriggio e lunedì intera giornata).

 

Giuseppe Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

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