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  • Autore: Michele Giardina
  • Editore: Amazon
  • Titolo: Cala il sipario sul Conte bis

Il nuovo libro di Michele Giardina… di Domenico Pisana. Cala il sipario sul conte bis. Politica nullista, fanfarona e incompetente, Amazon Editore, 2021

 

Modica, 22 marzo 2021 — Il giornalista e scrittore pozzallese Michele Giardina si affaccia sulla realtà politica nazionale con un nuovo libro dal titolo Cala il sipario sul conte bis. Politica nullista, fanfarona e incompetente, Amazon Editore, 2021, che si riferisce in particolare agli ultimi 3 mesi di vita politica e sociale del Paese.

Ancora una volta Giardina scrive di questa nostra Italia colpita da forti venti, rotta da relazioni distorte e da palesi ingiustizie, piegata all’intrigo di trafficanti di parole, inquinata da ruffiani ed arrivisti,  contaminata da ipocrisie, furberie, equivoci, menzogne, e dalla quale l’autore prende le distanze affidando l’impianto noumenico della sua opera a riflessioni critiche in una crescendo di capitoli emblematici, tra i quasi segnaliamo :

Luigi Di Maio; Coronavirus; Italia “peccatrice”; Sabino Cassese fa a pezzi Conte; Il bluff del piano pandemico; Taske Force Colao; Ritardi e intrighi; Dpcm; Le bucce di banana del premier Conte; Vaccino; Disastro economico – sociale; Macchina organizzativa al collasso; Annus horribilis; Povertà galoppante; Manipolazione mediatica; L’Europa che … cambia; Aziende in crisi e fisco in agguato; Le cantonate di Arcuri; Il piano Ciao di Renzi.

La domanda che viene spontanea è perché Michele Giardina continua a pubblicare su questo filone socio-politico. E’ una domanda semplice, e che probabilmente trova le radici nel suo bisogno di stigmatizzare un particolare momento storico che stiamo attraversando, con l’intento - direbbe Oscar Wilde – che “Il nostro unico dovere nei confronti della storia è di riscriverla”.

E così, Michele Giardina pubblica continuando a mostrarsi un indignato che non può non scrivere. L’indignatio è la “musa ispiratrice” anche di questo suo libro, la causa e la scintilla che gli imprime la necessità di scrivere e protestare.

L’opera mette il lettore a contatto anzitutto con “l’uomo”, poi con il giornalista attento e sensibile, infine con lo scrittore puntuale e dalla “mano felice” per usare l’espressione di un giornalista di razza come Tony Zermo.

Seneca diceva: “non essere mai tra coloro che preferiscono stare con chiunque piuttosto che con se stessi”. Troviamo che questo pensiero si addice bene a Michele Giardina; egli scrive rimanendo con se stesso, con la sua coscienza, dimostrandosi intellettualmente onesto e sforzandosi di mantenere un rapporto di dialogo leale e franco con la politica e con le Istituzioni, non assumendo atteggiamenti di vassallaggio secondo la convenienza di turno o, peggio ancora, toni di arroganza e di padreternismo che oggi sembrano essere presenti in certa parte del mondo dell’informazione e della comunicazione mass-mediale.

Prendendo a prestito e parafrasando quanto George Orwell dice di se stesso nel suo libro “Romanzi e saggi”, Mondadori, crediamo che il punto di partenza di Giardina è sempre un senso d’ingiustizia. Egli scrive perché c’è qualche bugia che vuole smascherare, qualche fatto su cui vuole tirare l’attenzione, e il suo pensiero è quello di farsi ascoltare.

Concludiamo riportando il capitolo di apertura del volume, intitolato Demokrazia

 Domenico Pisana

 

Demokrazia 

“Difficile navigare in sicurezza quando la rotta da seguire è tracciata da menti opache di persone incompetenti, catapultate nella sala comando della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica da una valanga di voti di protesta e di rottura incassati da truppe di donne e uomini incazzati.

Voti zappati con lo slogan Vaffa inventato dal comico genovese Beppe Grillo per promuovere la vendita di un concime puzzolente e incredibilmente fertile, puntualmente scaricato dai peones a cinque stelle nei solchi del sistema politico italiano sempre più arido e improduttivo. Fatto è che, alle elezioni politiche di domenica 4 marzo 2018, quel concime ha prodotto una impressionante messe di voti. Milioni di cittadini, bandiere al vento al grido di onestà onestà, hanno votato per il Movimento di Grillo e Casaleggio convinti di eleggere un gruppo di rivoluzionari pronti ad avviare un radicale cambiamento del sistema politico italiano.

Cambiamento che non c’è stato: i rivoluzionari che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno hanno assaggiato il tonno e l’hanno trovato squisito!

Succede. E’ successo. Per colpa anche delle anacronistiche regole che stanno a base della nostra sbracata “demokrazia parlamentare”. Da considerare evanescente, incerta, equivocabile. L’architettura istituzionale del Paese, oggi più che mai, necessita di salvifiche e salutari riforme non più differibili. Demokrazia parlamentare? Partecipativa? Formale? Sostanziale? Mi scoccia maledettamene avventurarmi in dibattiti di questo tipo. Che lasciano il tempo che trovano. Che competono a politologi, sociologi e filosofi più o meno innocenti, ospiti tediosi di compiacenti programmi televisivi nel corso dei quali, alla faccia dell’etica professionale, se la suonano e cantano a seconda della tessera di partito che hanno in tasca.

Per quanto mi riguarda preferisco non mettere lingua su un argomento così importante, teoricamente riservato, per l’appunto, ad una categoria di studiosi illuminati e illuminanti (spesso sedicenti tali), che hanno speso i migliori anni della loro vita appollaiati sui libri ma lontani dalla realtà dura e fortificante di tutti i giorni. Persone perbene, per carità, intelligenti e preparate, che però, molto probabilmente, non hanno mai sperimentato l’effetto che fa un brutto ruzzolone o una pedata rimediata negli stinchi come succede a noi comuni mortali che portiamo ancora nel corpo e nella mente i segni di ginocchia sbucciate, incassati in giovane età giocando al pallone su strade sterrate, o tatuaggi sulle braccia e sulle gambe disegnati incidentalmente nel corso di spericolati giochi di quartiere. Per non dire di ferite gravi e insanabili inferte a molti di noi dal destino.  

Non vi è dubbio che certe esperienze di vita più o meno dure, aiutano in qualche modo a meglio intelligere la realtà che ci circonda. Senza bisogno di scomodare Aristotele, Platone, Kant e Marx, credo basti sporcarsi le mani di vita vissuta tra la gente e con la gente per capire, ad esempio, che i voti elettorali di pancia, protesta e indignazione non nascono per caso.

La verità è che i cittadini che vivono di pane e lavoro hanno le palle piene di ruberie, ingiustizie, processi pilotati, magistrati di assalto, infami professionisti dell’antimafia a parole, carriere prefabbricate, inciuci elettorali, mercato dei parlamentari voltagabbana, fondazioni fasulle, diaboliche consorterie e intrighi di Palazzo. Una giungla aspra e selvaggia, mentre l’Europa delle Nazioni, silente, distante e con visione politica unidirezionale coordinata da Germania, Francia e Olanda continua a fare la parte della signora preziosa, distratta e faziosa. Peccato, un vero peccato (povera Italia), che milioni di elettori, sperando in un futuro migliore, il 4 marzo 2018 abbiano sprecato il loro voto indirizzandolo verso truppe composte da nani, ballerini e scappati di casa travestiti da rivoluzionari.”

 

 

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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