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Ragusa, 1 marzo 2015 – Il Carrubo è arte, il carrubo è vivo, e ce lo mostra già l’attenzione che Piero Guccione ha posto oramai da decenni sull’albero che scompare, con le sue variegate forme, spesso (dice bene Gabriella Rossitto) antropomorfe, significative, oniriche.

Il Carrubo è poesia, e lo sottolinea Giovanna Vindigni con la sua silloge Ru macci i carrùa, “due alberi di carrubo”, edita dal Centro Studi Feliciano Rossitto (Ragusa), che è stata presentata questa mattina al museo di Palazzo Zacco, nell’ambito della manifestazione Lib(e)ri a Ragusa, dedicata ai libri, e ai libri locali in particolare.

Giovanna Vindigni racconta se stessa, scandendo i momenti del suo tempo con storie di alberi (non solo carrubo, ma anche limone, palma “antica guardiana”, mandorlo, ulivo, cachi e il “milicuccu” o bagolaro, “sularinu”, solitario…), e il carrubo e gli altri alberi, in qualche modo, si raccontano (e ci raccontano) tramite i versi della poetessa, lo fanno nella lingua madre di Giovanna, nel "vernacolo ragusano", come preferisce chiamarla.

La poetessa Gabriella Rossitto ha presentato il percorso poetico dell’Autrice, sottolineando l’importanza culturale, sociale e filosofica dell’albero, degli alberi in generale, nelle varie culture. L’albero come metafora che unisce idealmente terra e cielo, inferi e paradiso, l’albero che protende i rami e le foglie verso l’infinito, ma tiene ben salde le radici sottoterra, l’albero che vive e sopravvive, come nostro passato e futuro, come nei versi della Vindigni, che tramite gli alberi, e il carrubo in particolare, racconta se stessa come madre e figlia, come donna che sente il bisogno di andare ogni tanto nella sua “stanza segreta” o sotto l’ombra avvolgente dell’albero, per fissare i suoi pensieri in poesia, per raccontarsi, per esprimersi.

I versi di alcune brevi ma intense poesie sono state lette magistralmente dal regista Gianni Battaglia, che ha ricordato il suo appartenere ad una civiltà contadina che non va rinnegata, ma orgogliosamente riaffermata; una civiltà in cui l’albero è il centro su cui ruota tutto il nostro essere culturale e sociale.

 

La poetessa ripassa il suo passato in “Cuntu i Stiddi” (conto le stelle): Sientu ‘na nicuzza / ca cianci / e so’ matri si nichìa… / cci-annoia a susìrisi / ppi passiari a picciridda. / Comu vulissi fari canciu… / turnari ‘narrieri / perdiri tantu suonnu / e nunn’aviri pinzera! (Sento una piccolina che piange e sua madre si innervosisce, le dà noia alzarsi e passeggiare la piccolina. Come vorrei fare cambio, tornare indietro, perdere tanto sonno e non avere  pensieri).

 

I Taleh hanno impreziosito la bella matinée con alcune canzoni tratte da poesie di Pippo Di Noto (marito poeta della Vindigni) rigorosamente in lingua siciliana (se vogliamo, ragusana e vittoriese) e sono stati apprezzati moltissimo dai tanti intervenuti.

Il presidente del Centro Studi Feliciano Rossitto, on. Giorgio Chessari, ha orgogliosamente rivendicato “l’imprimatur” del Centro anche su questa bella iniziativa culturale, come su tante altre che caratterizzano l’anima culturale di Ragusa.

Tra il pubblico attento, alcuni tra i migliori poeti del Sud Est da Silvana Blandino (autrice anche lei di una "Maccitedda 'i carrùa", a Emanuele Schembari, a Turi Vicari, e ci scusiamo con gli altri, altrettanto brillanti e bravi, se non li citiamo tutti. A ciascuno, alla fine della bella presentazione, omaggi a base di (vere) carrube...

 

Ru’ macci ‘i carrùa / ciantati ‘nta ciusa / a-ttagghju ‘i stratuni. / Assiemi criscierru / e sunu parizzi. […] Mi parunu zziti / manu ccu mmanu… (Due alberi di carrubo piantati nella “chiusa”, ai bordi della strada. Sono cresciuti insieme e sono pari… Mi sembrano fidanzati, mano nella mano…).

 

Salvo Micciché e Giovannella Galliano

 

       

 

La recensione sul libro fatta per Ondaiblea da Giovanni Occhipinti: Ru macci 'i carrùa: la sorpresa dei versi di Giovanna Vindigni

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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