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Pagina critica sul nuovo libro di Salvo Micciché, che sarà presentato a Scicli (Caffè Letterario Vitaliano Brancati) il 19  marzo 2016, alle 18:30

 

di Giovannella Galliano

 

#Ragusa, 16 marzo 2016 – Sarà presentata sabato 19 marzo, alle ore 18.30, al Caffè Letterario Brancati  la silloge poetica “Argu lu cani. Cunti, stori e puisia in lingua siciliana” (Edizioni Biancavela – StreetLib, 2016,) di Salvo Micciché. 

Parleranno il curatore della prefazione,  Giuseppe Nativo (Centro Studi Feliciano Rossitto e direttore di #Ondaiblea) e il professore Giuseppe Pitrolo (Brancati, Il Giornale di Scicli). 

Il libro gode di varie pagine critiche affidate a professionisti della provincia che operano nel settore della comunicazione e della letteratura: Marco Iannizzotto, Giovannella Galliano, il poeta Pippo Di Noto...   

Acquistando il libro si contribuirà a finanziare  anche un  progetto volto all’accoglienza e all'istruzione dei minori. Del libro è molto semplice avere anche l'ebook  su quasi tutte le principali librerie on line (in formato Modipocket ed ePub, da Amazon, Apple iBooks, Google Play, IBS, Unilibro, Feltrinelli, Mondadori Store, Hoepli, Rizzoli, Giunti al Punto...), oppure la versione cartacea acquistabile su Amazon e  nelle librerie di Ragusa, Scicli, Vittoria (e presto in altre città).

Il libro si trova anche in alcune biblioteche italiane: da Ragusa e Scicli, a Roma, Milano, Firenze, Palermo, Catania, fino a Favignana e Marettimo…

  

Nella premessa si legge: 

“Argu lu cani”, come il cane di Ulisse, visse vent'anni. A lui (e al "Liggituri") il poeta, il Pensatore, narra le sue storie, i suoi "cunti", e il cane lo ispira a tirarli fuori dalla memoria, ricordandogli l'Iliade e l'Odissea, la Bibbia e l'Apocalisse e tutti i libri letti. Ne nascono nenie, filastrocche e litanie, "limate" dal poeta in rime siciliane, con una particolare attenzione al "paleologismo", ad arcaismi tipici del siciliano che si prestano a giochi linguistici che possono (e debbono) far pensare il Lettore”.

 

Argu lu cani para ca parra,

ci cuntu stori ma nun li capiscia,

ma ca puisia la cuda m’abbatta,

para ca rrira cca lingua c’ammuscia,

almenu mi senta mentri ci parru,

almenu m’ascuta e puoi s’aḍḍummiscia…

 

E leggendo le bellissime poesie, molte delle quali delle vere nenie , vengono alla mente tantissime immagini che riportano in lettore in un mondo in cui tradizione e dedizione sono un tutt’uno se si cammina su un terreno religioso fatto di feste e canti o su quello agreste della campagna ragusana o su quello amoroso.  Ad ascoltare i vari quadretti di vita  narrati c’è Argo, il cane del narratore. 

Una riflessione mi ha riportato  proprio a loro, e la trovate nel libro: 

«I cani. A volte sono meglio degli umani. Ti fanno festa, sembra capiscano le tue parole e tu sai dimostrare sempre la tua gratitudine a chi  ti sa ascoltare.  Argo era  il cane mitico per eccellenza, il cane di Ulisse. Lui sempre fedele, cacciatore e amico. Argu, è il cane del poeta.  La sua musa. Abile ascoltatore, scrigno di confidenze. Di nenie inventate e racconti di feste di paese , di santi nella via, di Telemaco e Ulisse, di fidanzati e poi sposi e di poeti e poetesse  lui, Argu, ne ha sentiti tanti. 

A volte sembra proprio ricordarli, magari inseguendo un geco. Un cane eletto dal poeta a grande uditore, suo confidente, suo unico interlocutore. E il dialetto , che non parla proprio ragusano ma più sciclitano con inflessioni arcaiche tipiche dei paesini , fa da cornice al grande racconto della sua vita vissuta:  tra i fedeli della festa del “Gioia”, l’Uomo vivo, di Scicli o tra la cera sparsa nelle strade di Ragusa ad Agosto per la processione del patrono San Giovanni, in piazza San Giorgio ad Ibla per vedere la festa che “fa ballare” il Santo sopra il suo cavallo bianco o tra la gente che racconta e “cunta” preghiere miracolose con nome di santi o nella pagina di un poeta che canta le sue avventure amorose poco fortunate.

Ai poeti cari come Pippo e Giovanna , come un giullare di corte fa con il re e la regina, egli  dedica alcuni versi che parlano dei loro fortunati libri . Per gli amici Marco ed Eleonora , novelli sposi  scrive un’ode  che li invita a rimanere sempre fidanzati nei sentimenti.  Per la moglie Liliana un canto d’amore tra le tantissime “erre” che risuonano dolci  in questo  melodioso dialetto  tra  tanti “rivuordi, libbra, amuri veru, cianciri e rirri, nummuru sissantaquattru...

 Ma in queste poesie il poeta non vede l’ora di mostrare a tutti la sua fede. Ne è fiero, ne è orgoglioso. La fede è quella che tra le righe appare ovunque .  È una costante, è la sua pelle. Lo scrigno della sua memoria la custodisce gelosa ma essa appartiene a vecchie eredità tramandatesi da padre in figlio. Ma ora a raccogliere questa eredità  fatta anche di feste, nenie, preghiere e parole d’amore d’altri tempi c’è il suo cane che ascolta, sbadiglia e tra i racconti appare anche sdraiato in quel quadro siculo  tutto agreste in cui il sole accarezza il grano e la natura si mostra fiera in contrasto alla “civiltà assassina”. Ecco ora il poeta è l’ultimo pensatore, l’ultimo cantastorie, l’ultimo narratore. Il suo cane però pare abbia capito!»

 

Giovannella Galliano

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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