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Ragusa, 17 settembre 2015 – Al Buk Catania, presso la sala mostra, il 20 settembre 2015 alle 12 sarà presentato il libro della scrittrice ragusana Marinella Tumino, Trame d’inchiostro, edito dalla casa editrice Kimeric.

«Trame d'inchiostro è un vero e proprio viaggio nelle infinite sfaccettature dell'amore dell'amicizia, nell'arcobaleno di emozioni che essi regalano ma anche in spaccati di quotidianità, in storie di vite passate, Nella violenza sulle donne, nell'immigrazione e nella clandestinità.», questo si legge nell’invito alla stampa, come presentazione dell’iniziativa.

La prefazione al libro è stata scritta dalla giornalista Giovannella Galliano (Redazione di Ondaiblea).

Abbiamo intervistato l’Autrice e proponiamo ai Lettori qualche utile informazione…

 

Salvo Micciché

 

– Marinella, stiamo leggendo insieme a te l’introduzione del libro, esponila tu stessa ai nostri Lettori, dicci del tuo amore per la scrittura…

– Mi piace scrivere da sempre, da quando ho iniziato a inforcare bene carta e penna e, allora, da quel preciso istante non so più quanti fiumi di inchiostro abbia buttato giù…

Mi piace scrivere per comunicare ciò che conta veramente, per colmare un vuoto, per lasciare una traccia e, soprattutto, per non permettere al tempo di cancellare i ricordi… 

Mi piace scrivere per dare un senso con le parole alle emozioni e a tutto quello che si vive.

Non è facile trovare le parole giuste e allora inizia la sfida che diventa tanto dura quanto intrigante. Sono proprio le parole che consentono di ritrovare il filo perso e permettono di aggiungere un tassello al puzzle della vita, dell’amore, dell’esistenza in genere.

Mi piace scrivere per urlare di gioia ma anche per piangere di dolore. Mi piace scrivere per poi rileggere e, capita, quelle parole su cui ho lavorato tanto mi possono anche deludere…

Mi piace scrivere e dar vita a solchi di inchiostro; è proprio nei solchi inchiostrati che si percepiscono le emozioni, si sente il battito della mano che si muove sul foglio seguendo mente e cuore…

Mi piace scrivere storie, raccontare di protagonisti che mi sono sfuggiti dalla penna e che cercano di prendere vita e forma…protagonisti ribelli di storie che spesso appaiono senza senso ma che, presto o tardi, si cristallizzano, creando pura magia. 

Ecco questa è la parola adeguata: la scrittura è MAGIA! 

Scrivere per me è una vera e propria passione e, come dice Flaubert, è un modo di vivere. E’, infatti, un modo per ritrovare, per riscoprire i luoghi dell’anima.

 

– Com’è strutturato il libro, di cosa narra?

– “Trame d’inchiostro” è divisa in due sezioni: Racconti e Oltre. Nella prima, una raccolta di racconti scritti nel corso degli ultimi due anni. Molti di essi, a seguito di concorsi, sono stati pubblicati per “meriti letterari”, in varie antologie.                                                                                                            

Ho pensato, dunque, di raccoglierli tutti per dar loro la giusta collocazione. 

Nella seconda, “Oltre”, vi sono riflessioni in versi liberi...molto liberi, a cui ho associato delle opere artistiche perchè amo tanto l'arte.

Si tratta di un vero e proprio VIAGGIO che affronta diversi temi e tematiche, in primis l’AMORE nelle sue infinite sfaccettature e nel suo arcobaleno di emozioni, per procedere nel mondo dell’attualità con storie di immigrati, spaccati di quotidianità, violenza sulle donne.

 

– Un messaggio per i nostri Lettori, dunque?

 – Mi auguro che voi lettori possiate immedesimarvi nelle storie che si susseguono, nei personaggi e nei luoghi descritti e nei sentimenti narrati, perché da scrittrice spero proprio di entrare in sinergia con VOI, creando una vera empatia.

Buona Lettura! 

 

(Intervista a cura di Salvo Micciché e Giovannella Galliano)

 

***

La Prefazione (di Giovannella Galliano)

 Sono “Trame d’inchiostro” lasciate su un album fotografico i racconti che l’autrice Marinella Tumino raccoglie in questo lavoro. “Racconti ed oltre” è il sottotitolo poiché anche  le fanno parte dell’album dei ricordi, quello che l’autrice continua ad aprire e chiudere per scegliere una foto da raccontare o a cui dedicare un’ode che viaggia anch’essa sull’onda di quell’’attimo immortalato da un flash.  Vari i filoni che possono essere esplorati  nell’analisi dei temi trattati: l’amore,  l’immigrazione e la clandestinità, la guerra e la povertà, il dolore e  le emozioni, quelle forti di una madre o  quelle vissute dagli amanti. Portano la firma del ricordo, come  quello che fai affiorare sfogliando un vecchio album di fotografie. Una sola costante con varie sfaccettature: la donna

Apro la prima pagina e in bianco e nero sbiadito guardo una donna dai capelli raccolti , l’aspetto fiero e forte le mani che stringono quelle di  una ragazzina dagli occhietti curiosi: “Nonna, raccontami una storia”. Non una storia qualunque, popolata di fate e di folletti ma quella della vita vissuta da chi in piena epoca fascista ha sposato un “perfetto sconosciuto”, il nonno. Una famiglia patriarcale dove però non è mancato mai il dialogo e dove la nonna ha avuto la fortuna di lavorare in casa. E’ il quadretto di vita familiare della povera gente del sud che durante la seconda Guerra Mondiale ha dovuto lasciare la propria casa  per via dei bombardamenti e ha dovuto cercare lavoro nelle miniere e  nelle campagne . Nel ragusano, poi,  c’ erano pure le masserie dove il lavoro non mancava di certo e dove si dava una mano in tutto pur di racimolare un sacco di farina e le uova per la giornata. “Continuavamo a vivere di stenti."  Riaffiora altrove questa descrizione delle campagne ragusane, un sentire dentro che l’autrice non esita di esternare. E poi ci sono quelle mani strette tra nonna e nipote durante la narrazione che,  a mio avviso, racchiude la trasmissione dei valori e fra tutti “l’Amore, il Rispetto e il reciproco aiuto..”. 

E sempre in tema di guerra e povertà è  aperta un’altra pagina dell’album dei ricordi “I Miricani trasierru! (Gli americani sono entrati).  E come dice De Gregori, è proprio vero che : “la storia siamo noi”. Anche in questa foto d’epoca c’è una bimba, Giovanna, ritratta  davanti una bella dimora signorile che non è la sua casa. Il suo sguardo è sognante.  Lì abita donna Lucia, una ricca signora senza figli, e il marito don Michelino. I genitori di Giovanna, invece, sono poveri e all’arrivo degli americani , sfibrati anche nell’anima dagli stenti e dagli orrori della guerra, non riescono neanche a capire se questo sbarco si sarebbe potuto rivelare un bene o un male in futuro." Dovrebbe essere una buona notizia...e forse questa maledetta guerra finisce! Però..." Giovanna, però, ha le idee chiare.  Una foto la ritrae a casa sua  davanti allo specchio : il suo gatto attorno al collo per pelliccia, le punte dei piedi alzati a simularne i tacchi, l’andamento dondolante da  passeggio:  lei..un giorno…da grande, vuol fare la “Signora”.  E’ la spensieratezza dei bambini che anche davanti alla guerra si traduce  in sogno e in speranza per un futuro migliore in cui poter scrivere un’altra storia. 

 Due donne. Per Maria e la sua bella figlia Noemi, invece, guardare l’album dei ricordi produce un tuffo al cuore. Andrès e lì vicino a loro sorridente che tiene in braccio la piccola Noemi appena nata a Ragusa, la loro seconda patria dopo l’arrivo nel 1990 dall’Argentina. Questa storia, “Maria e Andrès” ha coinvolto tanto l’autrice, perché è una storia vera e le sue emozioni, i suoi apprezzamenti risultano più reali del solito nei confronti dei suoi personaggi. C’è dentro tutta  la forza delle donne. Quella forza che Maria, grazie alla sua piccola Noemi , ha avuto per rimboccarsi le maniche e “ricominciare tutto daccapo”per vedere “nuovamente brillare il sole”.Il tema dell’integrazione in un tessuto sociale differente è possibile grazie alla buona gente ma  soprattutto grazie a se stessi.

L’amore è un’altra presenza in  quest’album dei ricordi di Marinella Tumino e le “Trame d’inchiostro” non tralasciano quest’altra foto,  a colori, che ritrae una donna chinata davanti al baule della sua giovinezza: ha in mano un diario. Ne “La soffitta incantata”  a rispolverare i ricordi è Marta, donna dal carteggio facile e d’altri tempi. Marta che un lustro fa ha vissuto la sua bella storia d’amore con Davide ma che fino ad ora non è riuscita a scrivere la parola “Fine” nelle sue lettere immaginarie: ha bisogno di una catarsi interiore, di purificarsi a fondo perché certe intese sono rare , anzi uniche ed è difficile ammettere che finiscano! I “per sempre” , in queste storie senza aspettative, restano solo “urli silenziosi nel cuore, “ ….delle donne! 

 Su questa luminosa scia d’amore si inserisce la foto di “Profumo di lui” in cui due  amanti,   lampade che “accendono la vita e non se ne vanno più” (cit. Mannoia) , sono lì avvinghiati in un vortice amoroso, nudi nei loro corpi modellati,  statue greche, Dei  ansimanti. E’ un’immagine dai contorni sbiaditi perché  non trasmette Amore ma solo sesso. Qui tutta la consapevolezza di una donna che ha osato sfidare l’Amore e che sa già che tutto deve finire … prima o poi. Per lei é stato un bel sogno ad occhi aperti, per lui un’altra prova fisica da personal trainer.  Ma il sogno ora si annebbia,  vacilla e sono due gocce del suo profumo ad appagarne il desiderio. Il desiderio, appunto, ma non la nostalgia che può essere guarita solo con la forza di volontà … delle donne, colpendo forte nel silenzio!

E silenziose o appena mormoranti appaiono anche le onde del mare nella foto che ritrae ancora una donna  che sulla battigia sprofonda i piedi per ritrovare “I luoghi dell’anima”. Un racconto che potrebbe essere inserito nella sezione “Oltre”, ovvero tra le poesie e il quadro di riferimento potrebbe essere una marina evanescente di Monet. La musicalità traspare come in un’ode  e così il grande abbraccio del mare, l‘unico che può trasmettere protezione proprio perché luogo dell’anima. 

Protezione è anche il grembo di una madre che in questa foto la ritrae col pancione sorridente e ignara del pericolo.  E’ l’incipit di un rullino fotografico di cui abbiamo sviluppato alcune foto di ”A piccoli passi. Lettera a mio figlio”. L’autrice supera se stessa in un crescendo di emozioni:   qui tutti i ricordi di  felicità legati alla nascita di una vita ma anche i dolori che hanno segnato il corpo nei momenti di pericolo quando “ il sole si rabbuiava anche in assenza di nuvole”. Fiumi d’inchiostro hanno  raccontato al figlio l’amore, le sensazioni e le speranze di una madre ma sarà la vita a sviluppare questo lungo rullino che già raccoglie foto di puro amore. 

Ancora la forza delle donne che riesce a sorvolare i cieli e a solcare i mari. Nella foto , sulla spiaggia,  Jandra e Samir sono felici e guardano il mare ,  quello che dividono con l’ Italia per il loro  “Sogno clandestino” .  Samir  lascerà il suo respiro in quello stesso mare di lì a poco: il tempo di scrivere al suo amore. Lo stesso amore che Jandra continuerà a coltivare con i suoi sogni perché in quella lettera che tiene tra le mani c’è ancora una speranza che ha tutto  “l’odore dell’Amore” e  “afferrare” quell’amore sarà la sua missione per colorare i sogni, nonostante l’indifferenza e la malvagità dell’uomo.  Lei è una donna forte, nonostante le lacrime!

Stavolta tra le foto compare un ritaglio di giornale con la foto di piazza Tahir, Egitto, nel secondo anniversario della Rivoluzione. La giornalista fa un reportage e il feuilleton a fondo  pagina parla di Anna. Un racconto dettagliato, sofferto e lucido, “Dentro il cerchio”. Lei che tra quella folla è quasi passata inosservata con i suoi vestiti a brandelli. Sola dentro il cerchio di belve impazzite tra urla e molestie così atroci da non farle sentire più la percezione del proprio corpo. Oggi lei che si racconta per far sapere al mondo che  la malvagità dell’uomo nata tra corruzione e dispotismo non conosce ostacoli, dentro o fuori dal cerchio. Un racconto a tinte forti, troppo forti anche per un reportage di guerra. 

 Ma nella foto londinese,  sotto il caldo abbraccio di un uomo c’è una donna che non ha nulla da temere . Hanno passato i cinquant’anni entrambi. Lo sfondo è quello della vecchia Londra, lei Beth “La fioraia di Brich Lane Market “ o meglio,  la libraia. Gli incontri perfetti del destino in questo breve racconto , quelli che accadono raramente ma che accadono. I libri sono il trait- d’union. Per la prima volta in questi racconti si materializza il vero Amore: è fatto di complicità, di lacrime, di gioie,  ed è nato su una base solida che porta il nome di amicizia. Si, a volte capita di inciampare nella vita di un altro “in un giorno qualunque che poi era stato quello perfetto”.

E’ perfetta appare anche quest’altra immagine. I palazzi nobiliari costruiti dopo il terremoto del 1693 a Ragusa che troneggiano sulla piazza. Questa foto ha più l’aspetto di una vecchia cartolina vintage. Palazzo Boscarino, avvolto dalla calura del vento estivo, lo “Scirocco”,  è la dimora dei due protagonisti, Concetta e Raffaele.  La genuinità della coppia innamorata il cui amplesso è un  atto d’amore puro. Si amano come in un vecchio film da “Commedia all’italiana”di matrice neorealista. Sono ricchi ,  vivono i loro anni ’60 attraverso  la musica, il ballo, dissertano sulla natura e la campagna dai “muri secco”, gioiscono per un tramonto e per una poesia.   Il racconto si dipana tra una società di provincia già in rapida evoluzione ed un mondo antico ancora agreste, semplice e narrato con amore.

 Giro la pagina dell’album dei ricordi e qui due donne sorridenti davanti ad un altare che si scambiamo un sorriso. “Valentina” la testimone di nozze, lei che è stata la sua amica-sorella fin dall’infanzia,che ha condiviso gioie e dolori dell’adolescenza ora è lì a testimoniare la gioia del matrimonio della sua cara amica.  Quelle due “piccole donne” sono diventate grandi e con loro anche l’amicizia che le unisce. Lettere, quante lettere si sono scambiate!. Un dolore immenso pervade questo racconto perché lei, Valentina, adesso è lontana. Ma non è più la distanza geografica a dividerle ma quella che sta..”tre metri sopra il cielo”. La rabbia e la nostalgia si mescolano in un groviglio di emozioni che nonostante tutto portano il profumo della vita vissuta insieme. 

Tra le “Trame d’inchiostro”, tramutate dall’autrice  in splendide poesie, anche le foto dei campi di Auschwitz e Birkenau, il dolore, le ansie trepidanti dell’attesa. E poi ancora donne. Quelle che come fiumi in piena  percorrono anse e danno origini a cascate o che giocano con i sentimenti altrui, donne che si lasciano amare in un vortice di vibrante freschezza, donne che affidano le parole alle nuvole o che si perdono in un bacio silenzioso, donne sognanti in una notte di luna piena. Tra  le odi anche  un uomo dai silenzi eloquenti. Fluida e romantica, impegnata e speranzosa la poesia di Marinella Tumino è il continuum della sua prosa e viceversa. Sono le parole dell’anima quelle che tra uno scritto e l’altro restano sospese, indugiano,  volteggiano e  che poi mature cadono.. su un foglio. _

Ecco, ora l’album sta per finire..e dopo alcune pagine vuote arriva l’ultima : La scolaresca di Mara ha fatto la foto di fine anno con i professori di sezione. Non è la solita foto in riga sulle scale. Tutti posano davanti  alla macchinetta del caffè, come quella del programma “Camera cafè” di Luca e Paolo. Questa foto immortala il minuto de  “Il caffè del professore”, ovvero il rito del caffè durante la ricreazione. L’autrice racconta i discorsi su questa antica bevanda davanti alla macchinetta espressa. Coglie le sfumature erudite di ognuno sull’origine o la qualità del caffè e lo fa con la leggerezza di chi in quel momento si vuole rilassare e gustare un po’ di sano piacere. Ebbene anche questa foto ha catturato il concetto perché in questo album                               

“Non è la mera  fotografia che mi interessa.  Quel che voglio catturare è quel minuto, parte della  realtà”    (Henri Cartier Bresson) 

                                         

Giovannella Galliano

 

***

Alcuni passi del libro…

 

1-DENTRO IL CERCHIO 

Inviata speciale in EGITTO! 

Questa era la destinazione che il direttore del giornale per cui lavoravo mi aveva assegnata. 

Mi mandava nelle terre africane per incontrare alcuni italiani, in seguito al secondo anniversario della rivoluzione egiziana.

Egitto, terra di faraoni, piramidi e mummie. Terra di indiscutibile karisma.

Fu proprio al Cairo che conobbi e intervistai Anna, un'italiana sposata ad un egiziano e residente lì.                                                                                                             Anna era stata vittima di una terribile violenza subìta in piena piazza Tahir, in occasione del secondo anniversario della Rivoluzione.

Si presentò all’appuntamento da sola, in un bar, nei pressi dell’ambasciata italiana.

Era minuta, capelli neri e lunghissimi; occhi verdi con profonde occhiaie. Il suo viso esprimeva dolcezza ma anche dolore…

Dopo i rituali convenevoli, cominciò il suo terrificante racconto: "Siamo usciti di casa verso le 18 circa per andare in piazza Tahrir e partecipare alla commemorazione del secondo anno dall’inizio della rivoluzione egiziana. Eravamo io, mio marito e un'amica. Le stazioni metro erano bloccate, la strada deserta, cosa del tutto anomala nella Capitale. Siamo così arrivati abbastanza in fretta a destinazione. Abbiamo lasciato la macchina nei pressi della piazza e abbiamo notato che c'era un gran fermento in tutte le vie circostanti... percepivo una certa elettricità nell'aria, un senso di pesantezza che era una sorta di presagio, come se la mia anima, man mano che ci inoltravamo verso la piazza, mi stesse lanciando dei segnali di avvertimento.

Sentivo un fantasma nero avvicinarsi a me, a noi: era il mio inconscio che esercitava in me la voglia di ritornare indietro, ma poi, riflettendoci, mi davo della stupida dal momento che la piazza era colma di gente e non mi sarebbe potuto accadere nulla di particolarmente brutto. Me lo ripetevo in continuazione per autoconvincermi, invece, stavo andando incontro a ciò che il destino aveva deciso per me. - fece una breve pausa, bevve un sorso d'acqua, prese respiro e ricominciò il racconto- Abbiamo proseguito per pochi metri all’interno della piazza ma è stato a quel punto che abbiamo sentito delle urla che giungevano da una giovane donna la quale lamentava il fatto di essere stata toccata e, lì vicino, abbiamo notato un capannello di uomini, dall'aspetto molto rude, che urlavano. La situazione non era chiara e con molta ingenuità abbiamo pensato che quegli uomini fossero dei soccorritori.

Abbiamo dunque continuato a inoltrarci ma, ben presto, ho sentito una mano che mi palpava. Mi sono irrigidita perché ho ricordato di aver letto di violenze sessuali in piazza Tahir ma non mi rendevo conto su come potessero avvenire dal momento che c'erano migliaia di persone. Qualche minuto dopo ebbi le risposte sulla mia stessa pelle- gli occhi le si inondarono di lacrime.

- Se non te la senti, ci fermiamo qui- l'ho invitata, carezzandole con dolcezza la spalla.

- No, no...ce la faccio. Raccontarlo mi aiuta a cacciare via i fantasmi...- mi rassicurò lei e riprese la narrazione- ho reagito tempestivamente spingendo il ragazzo che mi aveva toccata. 
Sentivo il bisogno di scappare via, cominciando a tremare, a temere... Ho afferrato più forte le mani della mia amica e di mio marito e ho provato a recarmi verso una delle due vie di uscita dalla piazza più vicine a noi... ma, ma era già troppo tardi, il cerchio ci aveva acchiappati in meno di un battito d'ali!
In un batter d'occhio una cinquantina di persone hanno iniziato a chiuderci dentro un cerchio e hanno provato a dividerci finché non sono riusciti nell'intento. Ho perso la mia amica, trascinata in altra direzione, mentre mio marito rimaneva accanto a me, provando a difendermi da quegli animali indemoniati, inferociti. Qualsiasi tentativo di liberarci fu reso vano e il cerchio entro cui eravamo stati chiusi era all'interno di un altro cerchio. Tanti cerchi concentrici senza possibilità di fuga. Le luci della piazza, senza ragione alcuna, furono spente. Fu buio. Gli uomini che ci avevano accerchiato si strusciavano a noi, ai nostri corpi e ci toglievano il respiro.- si fermò ancora una volta come se fosse andata in apnea e sentisse l'esigenza di riprendere fiato- Cominciarono a fare scempio dei vestiti che indossavo: mi sfilarono gli stivali, nonostante facessi forza e li trattenessi al mio corpo, i due maglioni e intanto strappavano i jeans che indossavo. Le mani che con rudezza  e smania mi toccavano mi sembravano infinite. Mi ritrovai nuda con tutte quelle schifose e violenti mani che percorrevano in ogni centimetro il mio corpo.

Il capannello di uomini girava con impeto e turbinio attorno a me,  dentro il cerchio, come onde elastiche che si propagano, con movimenti bruschi, per poi ritornare con una spinta all'obiettivo. Mi spingevano da un punto all'altro, dentro quell'odioso cerchio- si fermò un istante per bere un sorso d'acqua e asciugarsi le lacrime. Si raschiò la gola e riprese- Il cerchio era impazzito e si muoveva senza controllo come un maremoto. Urla. Grida. Confusione. Io urlavo  il mio inutile aiuto  ma pareva che nessun suono venisse da me emesso; mi disperavo nel vedere mio marito che veniva picchiato con forza, tentando di difendermi e gridando loro che io ero la moglie. Tutto era inutile.

Io sono stata violentata più e più volte e mi rendevo conto che non c'era scampo e che di lì a poco sarei morta. La morte si avvicinava in quell'inferno di demoni senza freni.La morte non mi faceva paura, anzi la invocavo. Loro continuavano a palparmi, a usare del mio corpo in tutti i modi. Ho provato a buttarmi per terra perchè mi lanciavano e passavano come una palla, ma il mio corpo si stava appesantendo, del resto non reagivo più. Ho visto, però, uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. Ho scoperto dopo che erano delle fiammate cui aveva dato vita, all'interno del cerchio,il gruppo di salvataggio .

Sono caduta a terra sfinita ma ho cominciato a temere che quei folli che si muovevano con frenesia mi schiacciassero la testa. Non riuscivo più a respirare. Sono, però, riuscita con un piede a dare un bel colpo allo stomaco ad un uomo di fronte a me, senza urtarlo più di tanto.- continuò la narrazione senza sosta, come se volesse vomitare fino a che punto arrivasse la cattiveria umana- Di lì a poco sono stata riportata in superficie mentre i mostri continuavano a infierire sul mio corpo...poi ho notato, all'improvviso, un uomo grossissimo e mi sono aggrappata a lui con la speranza che potesse salvarmi. Mi sono attaccata al suo collo. E lui ha provato a tirarmi fuori, urtando e spingendo gli altri, ma anche gridando: " Vergognatevi!". Non  era affatto facile liberarmi da quegli animali imbestialiti. Mi tenevano stretta al collo tanto che ho rischiato di soffocare, temevo di perdere i sensi, ma provavo a farmi forza. Insomma alternavo momenti in cui volevo morire con altri in cui mi attaccavo alla vita come una disperata.                                                                                                                                               Ad un certo punto, mentre le molestie si facevano più atroci, non ho sentito più il mio corpo come se si fosse de-sensibilizzato ed era come se anche la mia anima si fosse staccata dal corpo. In quel preciso istante, è diventato per me indifferente vivere o morire, sentivo che stavo andando a morire in modo crudele e speravo che Dio mi prendesse al più presto senza trattenermi troppo. Quando meno me l'aspettavo mi sono accorta che qualcuno mi aveva sollevato in braccio, in posizione orizzontale fuori dal cerchio. Mio marito non c’era e mi stavano portando dentro un portone e sentivo chi mi tirava dentro e chi provava a bloccarmi fuori. Gruppi di persone che usavano il mio corpo come se fosse un tiro alla fune.- Si fermò nuovamente per sorseggiare ancora dell’acqua e accese una sigaretta mentre le dita della mano che serravano l’oggetto erano tremanti. Poi riprese il resoconto- Mi ero del tutto convinta che mio marito fosse morto accoltellato e lo immaginavo a terra col corpo esanime e insanguinato  e che anche io stavo andando a finire la mia vita. Ho pure creduto che quelli che volevano trascinarmi nel portone fossero gli aggressori che mi portavano in un posto in cui compiere nella totalità l’aggressione. Poi, però, mi sono ritrovata in piedi dentro al portone, mentre fuori l’assembramento inferocito mugugnava e provava a entrare. Dentro, le persone che mi stavano accanto hanno cominciato a  rimettermi i vestiti, coprendomi. E’ stato solo allora che ho capito di essere stata salvata. Fuori,però, i mostri c’ erano ancora e spingevano il cancello per entrare. Ho poi sentito la voce di mio marito che diceva che io ero la moglie e urlava di voler entrare fino a quando non è stato trascinato all’interno. – Si fermò e mi guardò fissa negli occhi come se avesse raggiunto con soddisfazione l’obiettivo-

-Ho saputo che nello stesso giorno sono stati riportati più di venti casi simili a carico di donne egiziane e straniere, più ulteriori casi che non sono stati segnalati. – aggiunsi io provando a rasserenarla- Alcuni, addirittura, hanno necessitato di ricoveri ospedalieri, un’adolescente è stata anche violentata con un coltello e i suoi genitali sono stati squarciati. Un’altra vittima era una sessantenne che indossava il niqab e questo a dispetto delle affermazioni che alludono alla seduzione esercitata dai vestiti indossati. 

- Non credo ci siano delle vere e proprie motivazioni. Ritengo invece che le origini di questo problema siano da trovare all’interno di una società per lo più soffocata, maltrattata ed umiliata da un governo dispotico, corrotto e terrorista. Spero questa terribile esperienza possa contribuire a una sensibilizzazione affinché tutte le violenze che stanno sommergendo il nostro pianeta ed il genere umano possano essere debellate dal nostro sistema e che, a buon diritto, ogni essere umano  non diventi mai la vittima di nessuno e venga davvero salvaguardato

- Di certo la tua testimonianza che penso ti sia costata molto dolore, servirà a dare un contributo, a far prendere coscienza. Sei stata davvero  molto gentile. Ti auguro di cuore ogni bene

- Grazie a te! E’ stato un piacere conoscerti.

 

Me ne andai pochi minuti dopo ma per due notti di seguito, sconvolta dal racconto di cui vedevo scorrere nella mia mente dei fotogrammi immaginari, non riuscii a prendere sonno.

 

 

2-PROFUMO DI LUI :Mi mancano i suoi muscoli. Mi manca l'indescrivibile fusione del suo profumo a quello del suo corpo sudato,  l'odore della palestra e del cloro della piscina. Mi manca la fragranza del suo testosterone, emblema dell'energia vitale e della voglia di vivere e di amare

Insomma, quello che mi manca di lui è … LUI.

 

Qualche giorno fa, nostalgica e svuotata, sono entrata in profumeria e ho chiesto di sentire Roma di Laura Biagiotti: il suo profumo.

Avrei voluto comprarlo, ma ho rinunciato. Ho 40 anni e non sono più un'adolescente.

Mi sono, allora, accontentata di spruzzarlo ai polsi per poterlo risentire nel corso della giornata e per poter percepire lui, in un certo qual modo, vicino a me.

Con Roma sono ritornata indietro nel tempo e ho ripensato all'amore impossibile, nato e cresciuto fra le mura di quella palestra, fra muscoli e attrezzi; un amore superlight che ha permesso al mio corpo di diventare quasi perfetto...in maniera sorprendente...

Io, a onor del vero, non sono una donna da palestra, o meglio non lo ero.

Sono una donna pigra che ama il mare, il silenzio, sentire il vento sul viso.

Amo rifugiarmi, spesso con la mia famiglia, in una casetta, in un'isola della Sicilia, dove fanno da padroni i cactus in terrazza, il profumo del gelsomino, le acque cristalline e il vento caldo che soffia a intermittenza. Io mi lascio cullare dall'amaca, posta all'ombra, in un boschetto davanti casa e dalla melodia emanata dalla musica delle cuffiette che  fa da piacevole sottofondo alle mie letture.

 

Tutto è iniziato tre anni fa quando, a causa di grossi problemi alla schiena e a un'ernia, il medico mi ha suggerito degli esercizi mirati in palestra con un personal trainer.

E' stato traumatico per una come me che non ama tanto fare sforzi fisici, ma solo Yoga e massaggi di varia natura.

Così ho seguito, da brava paziente, i consigli del medico. 

Mi sono iscritta in palestra e ho cercato il personal trainer...quello giusto.

Ed eccolo: alto, moro, occhi verdi, muscoloso, un sorriso dolcissimo e strabiliante...insomma un personal trainer da togliere il fiato.

L'ultima cosa che non avrei immaginato è che lui fosse andato oltre il semplice guardarmi. Non che io fossi male, anzi mi sentivo piuttosto piacente ma non avere il fisico perfetto, da palestrata, mi spiazzava parecchio.

Sono una donna che gli uomini guardano per strada e mi piace stupire, dando vita a sguardi più o meno innocenti di ammirazione.

Mi piace provare a essere bella; mi piacciono i tacchi anche con i jeans, il rossetto rosso e anche  sapere che al lavoro sono in gamba.                                                                                                                        Ciò che faccio lo porto avanti sempre con grande passione ed entusiasmo; se, però, non mi stimola più di tanto, trovo sempre l'aspetto positivo e coinvolgente.                                                                                                                                   E mi lascio travolgere come una forza inesorabile.

Lui è stato un ottimo maestro; dall'alto dei suoi chili di muscoli e onde di ormoni mi ha fatto conoscere i miei limiti e andare oltre.

Mi ha insegnato a correre, a stopparmi, a ricominciare, ad aggredire, a colpire, a gestire le forze, ma, soprattutto, mi ha insegnato a non dire mai basta.

Mi ha rimesso in forma, mi ha scolpita...mi ha resa perfetta. L'attività fisica e lui erano per me endorfina allo stato puro; una vera e propria overdose costante di adrenalina...!

Sono rimasta ammaliata non della sua bellezza statuaria ma di lui con i guantoni nelle nostre sfide di Kickboxing.

La nostra prima volta è stata singolare; non credo che andrà mai nel dimenticatoio. Mi ha baciata nello spogliatoio; poi, con la pelle lucida di sudore, con i muscoli e  la sua forza atavica mi ha posseduta. Sesso virile, istintivo e rude, quasi ferino.

Sesso a perdifiato, proprio come quando hai corso così tanto per raggiungere il traguardo e ti sembra che il cuore ti stia scoppiando in petto.

Andare in palestra e rivederlo era sempre più bello, eccitante, proibito.

Indossando i mie guantoni, mi perdevo nei suoi occhioni blu e lo immaginavo nudo...sapevo com'era nudo...                                                                                                                                                          Per me era energetico, psicostimolante...era estasi.

Aveva un tatuaggio all'interno del polso col nome di sua figlia. Non nascondo che avrei voluto ci fosse il mio, ma eravamo entrambi sposati...forse non avrebbe funzionato, infatti dopo tre anni è finita.

Non ci siamo più visti dall'ultima volta. E quando mi prende la nostalgia, indosso i miei guantoni e comincio a colpire il mio sacco da boxe.                                                                                                      Colpisco, colpisco, colpisco…

L'amore è pure questo. Colpisci, colpisci o è la fine.

 

 

  • 3-SOGNO CLANDESTINO  ( racconto  pubblicato dalla casa editrice SENSOINVERSO EDIZIONI nell’antologia “Oceano di carta”…….

 

Blu, rosse, dorate.

Sul grande albero le lucette, poste a spirale nella chioma esterna, creavano un gioco di intriganti intermittenze.

Davanti ad esso stavano fermi i bimbi, incantati da quel movimento costante nel tempo. I loro occhi sembravano accogliere con un sorriso quella che probabilmente era per loro una novità.

In quei giorni, il Centro di Primo Soccorso e Accoglienza ospitava una ottantina di immigrati; una settimana prima, circa quattrocento erano stati espatriati o portati in altri centri della penisola.

Il Natale era alle porte e, come ogni anno, i volontari addobbavano le sale fredde e squallide dell'edificio, rendendo l'atmosfera davvero accogliente.

 

Gemma, anche in quell'occasione, pensò di prestare il suo aiuto, seppur gli impegni con l’Orchestra in cui era prima Violinista, fossero tantissimi.

Lo faceva con piacere ormai da qualche anno. Amava immergersi in un mondo di colori, sapori e odori che sapeva appartenere ad un altro continente, l'Africa, da cui era sempre stata affascinata e attratta.

 

Gli ospiti arrivavano dall'Etiopia, dal Congo, dalla Nigeria. Erano in cerca di una vita migliore che era stata promessa loro dai trafficanti di uomini.

 

Conoscerli e stare a contatto con loro era per Gemma un modo tutto nuovo di approcciarsi a culture e tradizioni lontane dal suo mondo. E poi la appassionava davvero tanto esibirsi in un concerto per persone spesso prive di identità apparenti. La musica, armonia dell’anima, incantava con le sue note creando tra mente e cuore sinergie indefinibili.

 

Nel preparare i pacchetti natalizi da apporre sotto l'albero, la violinista conversava con Abebe, una giovane eritrea che era al centro ormai da diversi mesi. Insieme chiacchieravano del più e del meno, scegliendo la carta regalo e i nastrini da abbinare. Colse l'occasione per chiederle informazioni sulla donna, che aveva notato sin dal primo istante in cui era entrata al Centro e che stava seduta nell'angolo in fondo alla sala. Stava leggendo un libro. Aveva delle fattezze fisiche e dei tratti somatici che le riportavano alla mente le donne etiopi: alta, formosa, bella e con dei capelli intrecciati con cura e grande abilità;.. 

"Si chiama Jandra e arriva dall'Etiopia; - si espresse Abebe che era ritenuta l’informatrice del Centro; sapeva sempre tutto di tutti- è giunta qui dopo aver appreso la notizia che Samir, il suo uomo, è stato ritrovato cadavere sulle coste lampedusane. Era partito dal Paese di origine, come tanti migranti in fuga dal Sud del mondo".

"Oh, ma davvero? Quanto mi dispiace! Osservandola, mi è sembrata pensierosa e triste; chissà cosa cova dentro! Vorrei conoscerla di persona. Ti dispiacerebbe farmi da interprete? ". 

"Certo, Gemma; conosce molte lingue e parla piuttosto bene anche l'Italiano ...ma vieni, dai che te la presento!".

 

Gemma era eccitata all'idea e seguì incuriosita Abebe...

 

“Buongiorno Jandra, ti presento la mia amica Gemma! Gemma, lei è Jandra…”

“Buongiorno Abebe! Piacere di conoscerti Gemma- rispose l'etiope con garbo e piuttosto incuriosita, porgendo la mano alla nuova conosciuta, secondo l’usanza occidentale. – Asham, nagaa!” - aggiunse con un sorriso.

“ E’ Oromo, la lingua afroasiatica parlata in Etiopia. Ciao, la pace sia con te! - tradusse Abebe con prontezza come se volesse rendersi utile il più possibile- Ora vado di là ad aiutare in cucina”- si congedò l’eritrea, lasciando le due donne in conversazione, mentre si scrutavano da vicino.

“Sei una brava violinista, Gemma, ti ascoltavo mentre facevate le prove con l’orchestra”- si complimentò Jandra.

“Grazie, sei molto gentile. Sì, mi piace molto suonare…diciamo che è il mio mestiere…suono, appunto, in una grande Orchestra. Amo la musica perché è, per me, espressione d’arte mistica, è un linguaggio senza tempo…è la voce di tutta l’umanità.”

“Concordo del tutto! È un linguaggio universale, è linguaggio dell’anima e aiuta a esprimere sé stessi”. 

“E tu, invece, cosa stai leggendo? – domandò Gemma interessata - Ti osservavo mentre ero a preparare i pacchetti natalizi”. 

“A dire il vero stavo leggendo un libro: Il culto della Vergine presso gli Abissini. Si tratta del libro etiopico dei Miracoli di Maria. Una lettura tutta nuova per me!”

“E’ sempre interessante affrontare nuove tipologie di lettura” - sottolineò Gemma, poi aggiunse- Come mai hai scelto di venire in Italia? Parli benissimo la nostra lingua!”

“Diciamo che è una lunga storia la mia, una storia d'amore e di dolore... Beh! ... se ti fa piacere, te ne parlo un po’ ...”

“Ma certo! Ti ascolto volentieri...intanto, ti va di aiutarmi, a preparare i doni natalizi per i piccoli del Centro?”

 

Jandra acconsentì facendo cenno con la testa.

 

Si spostarono nella stanza adiacente dove c'era una grande libreria e un tavolo; su di esso tanti pacchetti ben confezionati, della carta regalo arrotolata; in una scatola delle coccarde e dei nastrini che fuoriuscivano in maniera disordinata. 

“Eccoci! Mi passeresti i giochini riposti lì sulle mensole, per favore? - chiese con dolcezza - Cosi, se non ti dispiace, continuo a impacchettare. “

“Sì, certo...posso anche tagliare il nastro adesivo, se vuoi...- e tirò un sospiro come a volere prendere fiato- Mi piace l'Italia. Sin da quando ero adolescente- iniziò a a parlare e a raccontarsi- il mio sogno è sempre stato quello di venire a vivere e lavorare qui- e sorrise mettendo in mostra i denti ben allineati-  Ho avuto la fortuna di studiare nella scuola italiana di Addis Abeba e, dopo essermi diplomata come maestra, ho cominciato ad insegnare nella scuola materna. Una vera missione per me. Lavorare con i bambini è proprio meraviglioso; non si può immaginare quante emozioni possano regalare!!!

Ho conosciuto Samir mentre lavorava vicino la scuola come facchino d’albergo, anche se era un ingegnere. Aveva intenzione di andare via: si sentiva sfruttato e, a volte, veniva pure malmenato- si fermò un attimo come se volesse focalizzare meglio gli eventi, poi riprese- Un bel giorno mi annunciò che aveva pagato per andare via, in Italia dove c’era un mondo migliore rispetto a quello che si stava lasciando alle spalle. Aveva dei sogni da realizzare e speranze, come ogni essere umano; si augurava che la fame, la miseria e la disperazione vissuta in un vicino passato potessero presto diventare solo un lontano ricordo.

Io gli chiesi cosa ne sarebbe stato di noi e lui mi rispose con un caldo abbraccio, qualcosa di immenso per me che, di volta in volta, si rinnovava e mi procurava un brivido intenso, togliendomi il respiro. Era un’emozione pazzesca che mi fermava il cuore fino a non sentirlo più, per poi sentirlo battere ancora più forte. Certe emozioni ti mettono radici nel cervello e non ti mollano. Lui mi rassicurò e assicurò che appena si fosse sistemato, io avrei potuto raggiungerlo e così ci saremmo sposati.

Gli evidenziai che avremmo potuto realizzare il nostro sogno anche lì, in Etiopia, e che poi, magari più avanti, avremmo potuto trasferirci. Non mi piaceva l’idea che lui diventasse un clandestino!

Sapevo che mi amava e tanto, ma non seguiva quasi mai i suggerimenti che gli davo.” 

 

“Son pronto a svolgere anche i lavori più umili- mi disse- voglio, insomma, vivere, a buon diritto, una nuova vita che mi garantisca un minimo di serenità e, soprattutto, di sicurezza”.  

“C’è da dire – gli volli sottolineare – che, in tutto questo iter, un gioco rilevante viene svolto da diverse figure come quelle dei trafficanti di schiavi che organizzano il viaggio di tutti i clandestini. Ti assicurano, di certo, il viaggio ma dovrai pagare ingenti somme. E poi… e poi…è illegale; si tratta di vero e proprio reato!”.

“Stai serena- mi disse lui accarezzandomi il volto con la sua mano da gran lavoratore, ruvida e piena di calli - andrà tutto benone! Finora io e te abbiamo volato cieli impossibili e continueremo a farlo, se sarà il caso, perché noi siamo anime fatte di assonanze e intuizioni, siamo respiri in un respiro. Noi non possiamo perderci perché siamo i sogni e i sogni, quelli più veri e più belli, vivono in noi.”

 

“Avevo percepito che sentiva una forte voglia dentro di sé, il bisogno di agguantare la vita con entrambe le mani prima che il tempo fluisse ancora più lesto. Che dovevo fare a quel punto? Era inutile continuare ad insistere ma alla partenza, che avvenne di notte, lo strinsi fortissimo a me e non fui in grado di trattenere le lacrime e i singhiozzi. Non riuscivo a staccarmi da lui. Anche Samir era visibilmente commosso- le gote, a quel punto del racconto, le si rigarono di lacrime”- e cominciò a piangere in maniera irrefrenabile.

 

“Mi dispiace- disse Gemma che aveva smesso da un po’ di impacchettare i doni e abbracciò Jandra come a volerla consolare- immagino allora che non sia andata come desideravate entrambi… ma fermiamoci qui…continuiamo in un altro momento, se lo preferisci…”

“No, no…tranquilla! Possiamo continuare- tirò su col naso e si asciugò gli occhi con il polsino della maglia- tanto non serve a nulla piangere…Il suo corpo privo di vita è stato rinvenuto sulle coste lampedusane- riprese il racconto con una certa compostezza- Tra gli oggetti che aveva in corpo furono rinvenute delle lettere che sembrano quasi un testamento. Tra le righe c’è il racconto della sua odissea… ti leggo un passo- e uscì fuori dal libro una busta dalla quale estrasse più fogli sgualciti in cui l’inchiostro era scolorito e i grafemi sembravano aver assunto forme nuove-  

 

“Mia dolce Jandra, mio adorato amore, io ce l’ho quasi fatta…non ti nascondo, però, che vivo nella paura che questo barcone, su cui siamo in viaggio da giorni, forse settimane, possa affondare da un momento all’altro. E’ stracolmo di gente e ci sono tanti bambini che piangono e si lamentano in continuazione. Poveri cuccioli! Siamo tutti stanchi e affamati… ma la Sicilia è ormai vicina, così dicono, ed il mio sogno si sta per avverare. Lo so, ho dovuto pagare per realizzarlo ma sono contento…soprattutto se potrò condividerlo con te. Vorrei tu fossi già qui con me…Sento il tuo odore e insieme ad esso vedo il tuo sorriso ed il tuo modo di guardarmi. E’ come se il tuo profumo racchiudesse tutte le pieghe della tua bocca e la forza dei tuoi abbracci. Lo conosco alla perfezione: è l’odore dell’Amore. Non osare, dunque, dimenticarmi! Il mio desiderio più grande è che tu stia bene. Non so se riuscirai a dar forma e colore a questo amore…però lo puoi afferrare…è tutto e solo per TE, amore mio…

Se mi salverò, ti prometto che farò tutto quello che mi sarà possibile per trovare un lavoro e farti venire in Europa da me.

Se leggerai questa lettera, io sarò salvo e allora noi avremo un futuro. Ti aspetto con ansia. Ti amo. Che Allah mi protegga.

              Tuo per sempre, Samir”

 

“Non ho parole, Jandra cara - pronunciò, Gemma, con immensa emozione e con un groppo alla gola che la faceva fremere – di sicuro è doloroso e quasi impossibile accettare. Immagino sia molto dura…ma posso chiederti il seguito? Solo se te la senti, naturalmente…”

“Sì, sì, certo, me la sento! Grazie! …Questa lettera la portava addosso come fosse una reliquia. Era chiusa, quasi sigillata, dentro una busta di plastica…forse perché temeva che rischiava grosso perchè il mare potesse distruggerla. Con essa c’era una mia foto dietro la quale c’era il mio indirizzo. Ecco perché con facilità sono stata contattata dalle Forze dell’Ordine italiane e dall’Ambasciata etiope per il riconoscimento del corpo. Non ho perso tempo, ho preso il primo volo e dovuto affrontare la tragedia- riprese a singhiozzare ma poi si fermò provando a riprendere per l’ennesima volta il racconto- L’atto del riconoscimento è struggente e non trovo altre parole per descriverlo…Ho già partecipato ai funerali e il dolore mi ha letteralmente infilzato il cuore. Lo amavo. Amavo il modo in cui metteva in mostra la sua mente quando parlava, amavo la sua testardaggine, amavo la sua essenza, mi sento persa senza di lui e l’immensità del vuoto ora mi ha trascinata nel baratro…Mi trovo qui, alla ricerca di Hagos, un suo carissimo amico di cui non ho più notizie. So solo che è riuscito a salvarsi e che è stato ospite qui. Avrei voluto da lui altre notizie di Samir e sugli ultimi istanti della sua vita. Lo so, sarà dolorosissimo conoscere…nel frattempo sto maturando l’idea di rimanere qua in Italia. Non so cosa potrei fare…vorrei spendermi in qualcosa di bello e di utile, così potrei realizzare quel sogno che sin da ragazzina mi accompagna e che non sono riuscita a realizzare e a condividere con lui- chiuse gli occhi come se provasse a realizzare il sogno”.

“Sono certa che sarà così, vedrai! Qui, al Centro, ti daremo una mano per quanto sarà possibile – rispose con convinzione Gemma e aggiunse con tenerezza- Me lo ripeto sempre: “Siamo tutti clandestini. Tutte le persone che hanno un altrove e qualcosa di estraneo a loro stessi lo sono. Clandestini del cuore. In questo senso tutti noi lo siamo!” 

 

***

 

Marinella Tumino è nata nel febbraio del 1969 a Ragusa dove vive con la sua famiglia. 

Si è laureata in Pedagogia, presso il Magistero di Catania, nel luglio del 1992. 

Sposata con Salvo Firrincieli. Ha due figli: Lorenzo (13 anni) ed Enrico (8).

Docente di Materie Letterarie, entra di Ruolo (Ministero Pubblica Istruzione) nel 2000.                

 

Dal 2006 insegna presso un istituto tecnico statale della sua città.

Collabora occasionalmente con una rivista mensile on line www.operaincerta.it e con i quotidiani on line  www.ragusaoggi.it. e www.ondaiblea.it

 

Nel 2011 ha pubblicato il suo primo libro, QUEL TRENO PER LA POLONIA, edito da Operaincertalibri, in seguito ad un’esperienza indelebile vissuta in Polonia con 34 studenti e altri due colleghi. Si è trattato di un viaggio soprattutto interiore che le ha permesso di giungere fino ai confini dell’anima.

Nell'ottobre 2014 esce il suo primo romanzo, FRAMMENTI D'ANIMA, edito dalla casa editrice Giovane Holden Edizioni- Gruppo Feltrinelli.

Da marzo 2014, alcuni suoi racconti inediti ( "La soffitta incantata"; "A piccoli passi- Lettera a mio figlio"; "Nonna raccontami una storia" e "Sogno clandestino") sono stati pubblicati, per meriti letterari, in varie antologie, edite da diverse Case Editrici.

Fra le sue passioni: la danza, la lettura, la scrittura, i viaggi.

Ama studiare e approfondire tematiche riguardanti il periodo storico fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento, in particolar modo la Shoah.

Cura con passione lo studio della lingua inglese, studiando per ottenere le varie certificazioni.

Fra gli autori del panorama internazionale che predilige troviamo Ken Follett, Clara Sanchez, Isabelle allende, Margaret Mazzantini, Gianrico Carofiglio.

 

 

***

Alcuni dei racconti di Marinella Tumino già pubblicati da diverse case editrici:

Sogno Clandestino, pubblicato dalla casa editrice SENSOINVERSO EDIZIONI nell’antologia “Oceano di carta”…

La Soffitta Incantata pubblicato dalla casa editrice KIMERIK nell’antologia “Granelli di Parole”- aprile 2014

 

A Piccoli Passi-Lettera A Mio Figlio, pubblicato dalla casa editrice KIMERIK nell’antologia “ Amore e Psiche”- dicembre 2014

 

Nonna, raccontami una Storia, pubblicato dalla casa editrice APOLLO EDIZIONI nell’antologia “Perle d’amore”, febbraio 2015

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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