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Ragusa, 8 marzo 2017 – Per diversi anni si è aggirato tra le corsie dell’ospedale, poi ha intrapreso le vie del web divenendo integerrimo blogger, adesso è presente in diversi siti web con i suoi ebook. Per gli amici (non solo di #Ondaiblea) è “Salvuccio”, ma per tutti (anche per i suoi ex pazienti) è “u dutturi”, al secolo Salvo Figura. Classe 1951, già medico anestesista rianimatore, ragusano di adozione, trascorre il suo tempo libero tra la famiglia, i suoi birbantelli nipotini (di cui uno è sempre a cavalcioni sulle sue spalle) e la sua città natale, Palazzolo Acreide (Akrai come ama chiamarla), terra dal sapore corinzio, sui cui speroni rocciosi si odono ancora i passi degli dei e degli eroi.

Da qualche anno ama definirsi scrittore-medico, autore di non pochi romanzi veri gioiellini di narrativa. Selezionato al concorso Giallo Mondadori-Radio24 con il racconto “Asparago siculo” (2013) e sempre per i Gialli Mondadori “La neve di Piazza del Campo”. Premiato al XXX e XXXI Premio LILT di Parma per Medici scrittori, e al Premio Nazionale di narrativa AlberoAndronico di Roma IV e V edizione.

 

In questi giorni ha preso l’abitudine di bere tè verde al ginseng. Dice che è contro lo stress. Ma perché tanta fibrillazione?

«Se tutto va bene vedrò il mio romanzo in tutte le edicole d’Italia». Parole a caldo, proferite con una punta di timido orgoglio siculo ed un’emozione malcelata. E ha ragione. Con il romanzo inedito “Sapore di Panforte e mandorle Pizzute” Salvo Figura è finalista al Premio Alberto Tedeschi 2017 che, giunto quest’anno alla 38ª edizione, ha visto una folta partecipazione di autori-concorrenti per il miglior giallo italiano. Il vincitore sarà proclamato il 24 giugno a Cattolica nel corso del Mystfest e sarà messo sotto contratto da Mondadori edicola e Oscar libreria.

 

Il titolo della sua creazione letteraria è molto intrigante e, al contempo, curioso. Di cosa si tratta? 

«Non posso svelare molto sulle “mandorle Pizzute” perché sono il tema portante del romanzo. Le Pizzute – spiega Salvo Figura - sono una varietà di mandorle originarie di Avola (Siracusa) e sono così chiamate perché la loro scorza è provvista di un piccolissimo “pungiglione”, il “pizzo” appunto, donde il termine “pizzute”. Il protagonista, Minicu u Ruossu, trafficante di enormi quantità di cocaina, celerà le sue attività malavitose dietro il commercio di questa mandorla, uguale in tutto a una mandorla normale, se sbucciata, tranne che nel calibro: perfetto per entrare nei confetti senza che sia manipolata. Ma anche nel Panforte». 

 

Una vicenda tutta siciliana? 

«Mezza siciliana. La storia si snoda tra Avola e Siena. Due città a me care: nella prima ho vissuto e nella seconda mi sono laureato. La trama è contornata dal Palio di luglio, da un commissario che si rivela come un accanito investigatore e da infermiere “curiose”. A questi personaggi si aggiungono baristi buontemponi e bancari disonesti. Siena per com’era e come forse è tuttora, nei miei ricordi di giovane studente universitario».

 

Giuseppe Nativo

 

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Tratto da un articolo di G. Nativo su La Sicilia, 8 marzo 2017, pagina 27

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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