Libri

Sarà presentato a Ragusa, giovedì 4 ottobre, alle 17, al Centro Studi “Feliciano Rossitto”, a Ragusa, il primo giallo di Diletta Barone, dal titolo “Giallo a Zanzibar”

 

Ragusa, 28 settembre 2018 – Diletta Barone è nata e vive a Bologna, ma le sue origini sono ragusane. Con il territorio ibleo ha mantenuto un legame fortissimo. Ha insegnato lettere in vari istituti e ha pubblicato sette romanzi. Questo è il suo primo giallo.

Se ne parlerà, con Davide Bocchieri, al Centro Studi Feliciano Rossitto, a Ragusa (Via Ettore Majorana 5), il 4 ottobre. Giorgio Gurrieri leggerà brani del libro.

 

Dalla quarta di copertina:

“Un morto senza volto viene trovato nelle piantagioni di spezie a Zanzibar. L'ispettore Newere inizia a indagare, anche se terrorizzato dalla magia nera. Da Londra viene mandato dai parenti della vittima il detective Matt Owen, alle prime armi, che fra intrighi, misteri, stregonerie e innamoramenti, riuscirà a risolvere l'intricato caso”.

 

s. m.

  • Autore: Salvo Micciché, Stefania Fornaro
  • Editore: Carocci Editore
  • Titolo: Scicli. Storia, cultura e religione (secc. v-xvi)

Scicli, 11 settembre 2018 – Il nuovo libro “Scicli. Storia, cultura e religione (secc. V-XVI)” (di Salvo Micciché e Stefania Fornaro, Carocci editore 2018) sarà presentato sabato 22 settembre alle ore 17:30 a Scicli, presso il Convento di Santa Maria della Croce, a cura del Polo Regionale di Ragusa per i siti culturali, del Comune di Scicli e de Il Giornale di Scicli.

Interverranno: prof. Giovanni Di Stefano (archeologo, direttore del Polo Regionale di Ragusa per i siti culturali), prof. Vincenzo Giannone (sindaco di Scicli), arch. Calogero Rizzuto (soprintendente ai Beni Culturali di Ragusa), prof. Franco Causarano (direttore de Il Giornale di Scicli), dr. Salvina Fiorilla (medievalista, Soprintendenza BBCC Ragusa), dr. Angela Maria Manenti (archeologa, Museo Paolo Orsi Siracusa), prof. Pietro Militello (archeologo, Università di Catania), prof. Paolo Nifosì (storico dell’arte), prof. Giuseppe Pitrolo (critico letterario e autore della Prefazione), dr. Anna Maria Sammito (archeologa, Soprintendenza BBCC Ragusa).

Saranno presenti gli autori, Salvo Micciché e Stefania Fornaro, e gli studiosi che hanno contribuito al volume, don Ignazio La China (storico), Giuseppe Nativo (storico, pubblicista), dr. Stefania Santangelo (numismatica, CNR IBAM Catania).

Il libro tratta le fonti della storia medievale di Scicli (dal V al XVI secolo) inquadrandole nella storia generale della Sicilia e della Contea di Modica, dal punto di vista storico e archeologico ma anche culturale e religioso, trattando la storia dei personaggi e dei luoghi e dei monumenti, le istituzioni religiose e la pietà popolare, dall’alto medioevo al Cinquecento.

Il Polo Regionale di Ragusa per i siti culturali ha predisposto la presentazione nell’ambito delle Giornate Europee del Patrimonio (22-23 settembre) aprendo le porte di un luogo simbolo di Scicli (e della Scicli materiale in particolare), il Convento della Croce, sull’omonima collina, a sud di San Matteo. “L’arte da condividere” è slogan del 2018.

 

s. m.

 

  • Autore: Frasca, Ruta
  • Editore: Edizioni di storia e studi sociali

Ragusa, 26 agosto 2018 – Il 27 agosto ad Ispica, a cura del Polo Regionale di Ragusa per i Siti culturali Parco di Kamarina e Cava d’Ispica e del Comune di Ispica, sarà presentato il volume “Viaggi in Magna Grecia e dintorni in età antica” (Edizioni di storia e studi sociali).

Dopo i saluti di Lucio Muraglie, sindaco di Ispica, e di Eva Moncada, Assessore ai beni culturali del Comune di Ispica, interverranno:

Giovanni Di Stefano, Direttore del Polo regionale di Ragusa per i siti culturali, Parco di Kamarina e Cava d’Ispica,

Massimo Cultraro, docente di Archeologia egea, Università di Palermo,

Massimo Frasca, docente di Archeologia classica, Università di Catania (coautore),

Carlo Ruta, saggista e storico del Mediterraneo (coautore).

 

Programma

ore 17.30 visita guidata nell’Antiquarium del Parco

ore 18 Presentazione del libro, nell’Anfiteatro del Parco Forza (sito archeologico)

 

s. m.

  • Autore: Giuseppe Micciché
  • Editore: Centro Studi Feliciano Rossitto

Pubblicato un nuovo saggio storico del professor Giuseppe Micciché: L’emancipazione della donna in Sicilia (Centro Studi Feliciano Rossitto, 2018)

 

Ragusa, 14 agosto 2018 – In Sicilia l’ingresso dell’elemento femminile nella sfera pubblica, entro la quale più che nella sfera privata si rende visibile il livello di parità con l’uomo, è risultato estremamente ostacolato e ridotto di fatto entro limiti molto modesti da una realtà arretrata sotto l’aspetto economico e sociale e da condizioni di vita che vedono subordinato il “sesso debole”. Se a ciò si aggiungono una corposa presenza della proprietà latifondistica, patti agrari vessatori, insediamenti industriali asfittici, un’altissima percentuale di analfabeti di sesso femminile e “una presenza ecclesiale fortemente ascoltata e alimentatrice di principi che riservano alle donne il privato”, si comprende benissimo come il cammino della donna verso la completa espressione delle proprie capacità sia stato alquanto articolato e difficile.

A scandagliare l’articolato periodo storico isolano che va dagli ultimi decenni dell’800 ad oggi, con particolare attenzione all’area degli Iblei, attraverso una certosina ricerca supportata da una nutrita bibliografia e sviluppata tenendo conto dei variegati ambiti (sociali, culturali, economici e politici) in cui la storiografia ha maturato il suo percorso è il pregevole saggio “L’emancipazione della donna in Sicilia” (Editore Centro Studi Feliciano Rossitto, Ragusa, 2018, pp. 116) dello storico santacrocese Giuseppe Micciché, con maturata perizia su variegate tematiche riguardanti la storia politica e sociale siciliana tra ‘800 e ‘900.

Abbiamo posto allo storico alcune domande per capire meglio la tematica del libro.

• Si tratta di una difficile itinerario della donna in una Sicilia molto arretrata?

– “Di questa condizione di arretratezza troviamo conferma in una letteratura abbastanza estesa, che comprende inchieste parlamentari e private – da quella del Franchetti e Sonnino del 1876 e del Damiani del 1883, a quella del Lorenzoni del 1907 – studi etnografici – in particolare del Pitrè e del Salomone Marino – romanzi e novelle – soprattutto del Verga, del Capuana e del De Roberto”.

• Qual è il panorama in ambito politico?

– “Di politica la donna non si intendeva. Raramente se ne parlava in casa. La partecipazione alla vita politica risultava molto limitata anche per gli uomini. Il sistema elettorale, introdotto con la legge del 1860, riproducente quella già in vigore nel Piemonte, faceva sì che nei vari Comuni gli impegni di natura politica ed amministrativa riguardassero pochi elementi, i cosiddetti ‘notabili’. Nel 1861, su una popolazione di 126.043 abitanti, appena 2.541 uomini godevano dell’elettorato e risultavano compresi nelle liste relative ai tre collegi – Comiso, Ragusa Superiore, Modica – in cui il Circondario era diviso”.

• Si sono verificati contributi di donne a manifestazioni di lavoratori contro i gravami fiscali?

– “Se ne sono registrati durante la vicenda dei Fasci siciliani, ai primi del nuovo secolo. Il primo dopoguerra vede a Vittoria, Comiso, Modica, Scicli un certo numero di donne partecipare ad agitazioni popolari fortemente coinvolgenti. Per larga parte degli anni ’20 e tutti gli anni ’30 giovani fasciste, vedove di guerra, massaie rurali vengono ampiamente mobilitate nel quadro delle manifestazioni volte a garantire il consenso al nuovo regime, mentre la filosofia maschilista, sostanzialmente condivisa dalla Chiesa, continua a dominare tenendo le donne nella vecchia subordinazione”.

• E dal secondo dopoguerra?

– “Si creano finalmente condizioni favorevoli alla fuoriuscita dell’elemento femminile dall’ambito ristretto del privato per immettersi in misura crescente quale elemento attivo nel sociale e nel politico”. 

Giuseppe Nativo

 

Giuseppe Micciché

Già docente di discipline umanistiche nelle Scuole secondarie, co-fondatore nel 1981 del Centro Studi “Feliciano Rossitto” di Ragusa (ricoprendo la carica di Presidente fino al 2002), ha al suo attivo non pochi saggi che vanno a sviscerare, in maniera esaustiva, variegate tematiche riguardanti la storia politica e sociale siciliana tra ‘800 e ‘900 (tra cui “Dopoguerra e fascismo in Sicilia”, 1976; “Il Movimento Cattolico nella Sicilia sud-orientale”, 1994; “Santa Croce Camerina nei secoli”, 2003; “Il Movimento socialista nella Sicilia sud-orientale”, 2009; “Economia e sviluppo in terra iblea”, 2014; “Il Partito Comunista nell’area degli iblei 1919-1965”, 2014; “Stampa cattolica e società nella Sicilia sud-orientale dai Borboni al Fascismo”, 2016; “La ripresa democratica – Politica e Società nei comuni iblei 1943-1948”, 2017).

 

  • Autore: Stefano Vaccaro
  • Editore: Il Convivio Editore

Pubblicato il saggio di Stefano Vaccaro Silfide, maga e sirena. L’ideale femminile nella letteratura italiana dell’Ottocento

 

“Forse le donne non sono operaie, contadine, impiegate, ogni giorno più numerose? Non equivale almeno al servizio militare, la funzione e il sacrificio materno, che dà i figli all’esercito e all’officina? Le imposte, i dazi di consumo forse sono pagati dai soli maschi?”

Anna Kuliscioff (1854 – 1925) dalle colonne di Critica sociale 

Una figura muliebre vestita di scuro e con un grande velo che poggia sulle spalle estendendosi oltre la cintola. Sguardo fiero e consapevole del suo ruolo di donna. Eppure alcuni tratti somatici, appena adombrati, la ritraggono con una sorta di velata tristezza. Una donna siciliana in lutto o altro? Un enigma, forse. Tale si presenta la copertina, tratta dall’opera di Agache (Énigme, olio su tela, 1888), della recente fatica letteraria del giovane siciliano Stefano Vaccaro, “Silfide, maga e sirena. L’ideale femminile nella letteratura italiana dell’Ottocento” (Il Convivio Editore, Catania, 2018, pp. 128), con cui indaga, attraverso un testo ricco di articolate citazioni e una copiosa bibliografia, la delicata tematica del “conflitto uomo/donna” che funge da leitmotiv alla raffigurazione della femminilità in tutte le sue molteplici sfumature.

La letteratura, annota la prefatrice Maria Lucia Riccioli, non è solo testualità ma è anche e soprattutto rappresentazione in quanto lo scrittore “non solo ritrae, rispecchia, racconta, rielabora, ma dà voce ai personaggi” ponendosi come una sorta di arbiter tra i personaggi e il lettore, affinché le loro diverse sfere di esistenza trovino un punto di incontro e a volte di reciproco “leggersi” ovvero “riconoscersi al contempo diversi e simili”.

Inizia così il viaggio letterario intrapreso da Stefano Vaccaro, figlio degli iblei, laureato in scienze dei Beni culturali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi in letteratura italiana moderna e contemporanea, autore di saggi volti ad analizzare la produzione letteraria italiana delle intellettuali otto-novecentesche con particolare attenzione alle opere e biografie delle autrici siciliane.

Quello di Vaccaro è un itinerario la cui architettura è inanellata di immagini e suggestioni attraverso cui ricostruisce una serie di volti e storie che riflettono la percezione artistica (ma anche sociale) di un secolo in continuo mutamento come l’Ottocento.

È il periodo in cui la produzione letteraria italiana si arricchisce di figure femminili dalle personalità ora bonarie ed amabili, ora diaboliche ed inquietanti. In Verga, ad esempio convivono le opposte, dicotomiche visioni della psiche e della stessa fisicità femminile. Gli scenari piccolo-borghesi e le ambientazioni mondane e rusticane, proprie delle opere verghiane, fanno da sfondo a personaggi e trame dominate in buona parte da due tòpoi letterari ricorrenti sintetizzabili nella “fenomenologia amorosa e nel microcosmo familiare”. Alla base di entrambe queste esperienze risulta essere la donna, nelle sue varianti vitalistiche (e veriste), ora nella sua veste affascinante e risoluta (cliché richiamato nel quarto romanzo di Verga “Una peccatrice”, pubblicato nel 1866, da cui è tratto il titolo del libro di Vaccaro), ora in quella di angelo del focolare, protettivo e amorevole. In questi luoghi di finzione la donna non fa altro che aggiungere “vapore trasparente e illusorio” fomentando così la sua aura di apparizione enigmatica.

 

Cosa ti ha ispirato a scrivere il libro?

“Abitando in centro storico, a Ragusa Superiore, mi è spesso capitato di alzare gli occhi e di scrutare, tra filari di edifici barocchi, una piccola targa recante la scritta: QUI VISSE MARIANNINA COFFA (1860-1876). Nulla di più, nessuna altra didascalia, nessuna altra informazione, il silenzio! Quando in realtà ci sarebbe così tanto da raccontare. La ricerca è stata ispirata dalla storia delle donne che troppo spesso, per troppo tempo, non hanno avuto il giusto riconoscimento o semplicemente l'opportunità di esprimere i propri pensieri perché nate donne, perché ritenuti esseri inferiori. Mi piaceva mostrare, per una volta, l'uomo, la figura maschile, atterrita dalla presenza femminile”.

 

Qual è la figura di donna siciliana che ti ha colpito di più e perché?

“Il periodo che studio è l'Ottocento che è anche l'epoca nella quale un'intera generazione di autrici impugnò la penna per rivendicare - con esiti più o meno riusciti - la necessità di esprimere le proprie idee, di confrontarsi politicamente e intellettualmente, di godere di spazi del sapere prima quasi del tutto preclusi, quali giornali, periodici e riviste, di poter scrivere e pubblicare proprio come gli uomini. Le donne di cui parlo hanno dei nomi anche se a volte sconosciuti alla critica, sono Giuseppina Turrisi Colonna, Letteria Montoro, Rosina Muzio Salvo, Concettina Ramondetta Fileti, Lauretta Li Greci e diverse altre, interpreti del più alto sentire muliebre siciliano e nazionale”.

 

Se dovessi effettuare un excursus sintetico della figura muliebre, con riferimento anche alla dignità del suo ruolo, nella letteratura siciliana dal Duecento all’Ottocento, cosa scriveresti?

“Allargherei decisamente il discorso oltre alla letteratura. La Sicilia è terra di grandi donne che hanno dato un contributo fondamentale alla storia regionale e non solo. Spesso la levatura morale ha coinciso con l'importanza del ruolo ricoperto, altre volte no. Per restare nel comprensorio ibleo penso alla scaltrezza politica di figure come Anna I Cabrera (1459-1526) che seppe legare il suo nome a quello dei reali di Spagna, così come la discendente Vittoria Colonna Cabrera (1558-1633) fondatrice dell'omonima città e in tempi relativamente più recenti gli altissimi esempi di santità delle beate Maria Schininà (1844-1910), Maria Barba (1884-1949) e Maria Curcio (1877-1957), e ancora, quello della filantropa Maria Paternò Arezzo (1869-1908) oltre che della figura rivoluzionaria di Maria Occhipinti (1921-1996). Tutte donne le cui esperienze hanno magnificato la terra iblea illuminandola con sprazzi di luce attraverso il loro stesso vissuto”. 

Giuseppe Nativo

  • Autore: Susanna Valpreda
  • Editore: Bonanno Editore

Essere siciliani tra il IV e V secolo

 

Una Sicilia da amare. Una Trinacria da raccontare sotto il cielo stellato. Una Sicilia in cui il mito rappresenta quel sottile velo tra cielo e terra, due lembi che si toccano e si intrecciano in una dimensione parallela. Una Trinacria dal sapore antico dove ancora si sentono i passi degli dei e degli eroi. Una Sicilia dove la Storia si permea con la natura dei luoghi incuneandosi nelle pieghe del tempo. Un Trinacria bilingue dove il greco e latino trovano un punto di incontro nella stessa essenza della vita e un connubio senza condizioni in pitture rupestri e iscrizioni sepolcrali.

A proposito di quest’ultime, Susanna Valpreda, autrice del pregevole saggio “Sikelia: la Sicilia orientale nel periodo bizantino” (Bonanno editore, pp. 174), segnala due iscrizioni sepolcrali rinvenute in Sicilia dedicate a bambini morti in tenera età e che la studiosa trova “assolutamente commoventi”.

La prima epigrafe, del IV secolo, in latino, è stata rinvenuta a Catania (ma è conservata al Louvre), nella necropoli di via Dottor Consoli. E’ dedicata a Iulia Florentina, una bimba cristiana, "dulcissima atque innocentissima", morta a soli diciotto mesi e battezzata in punto di morte.

La seconda iscrizione, in greco, è quella inserita su una lapide, risalente al IV-V secolo, rinvenuta nel cimitero vicino Chiaramonte Gulfi (in territorio ibleo). Risulta decorata con una menorah e riporta l'iscrizione: "Giasone il bambino", la cui età doveva essere compresa fra i 2 e gli 8 anni.

“Anche questa è la Sicilia - scrive la ricercatrice - stessa isola, stessa epoca, due bimbi mancati all'affetto dei loro cari, una cristiana, l'altro ebreo, in una famiglia si parlava latino, nell'altra il greco”. Entrambe le famiglie avevano una comune matrice, ovvero accomunati dall’essere siciliani! 

Giuseppe Nativo

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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