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  • Rubrica: Alimentazione

Ragusa, 7 maggio 2021 — Quando mio zio tornò dalla prigionia in Germania, era il 1945, arrivò a Ragusa da sua madre in via Garibaldi tre mesi dopo. Non c’era posto nella business class del Boing 777. Dovette andare a piedi.

Sua madre non lo riconobbe. Così com’era capitato a moltissimi suoi commilitoni. Partiti ventenni nel pieno delle forze e della salute, erano tornati quattro anni dopo senza carne, e con la pelle di un giallo preoccupante. Certo, mia nonna lo rimise in poche settimane a forza di ravioli e sausizza, brodo di gallina e fichi dell’orto.

L’esperienza del campo di prigionia l’avrebbe raccontata anni dopo. E solo a chi sapeva ascoltare. Tra questi io (chi mi conosce personalmente riterrà questa affermazione assai azzardata, ma da bambino ero veramente diverso).

Tra le tante cose atroci raccontate dallo zio una mi è rimasta perennemente impressa. Il cibo. Ricordava mio zio che i tedeschi, all’inizio della prigionia (ovvero il giorno dopo l’8 settembre del 1943) trattavano male gli italiani. Ritenendoli traditori, ai figli di Dante Alighieri e Leonardo da Vinci erano destinati gli scarti delle loro mense. Nel 1944 si ridussero pure quelli. Da gennaio a maggio del 1945 (quando i russi aprirono i cancelli del loro campo) i prigionieri italiani mangiarono solo e soltanto le bucce delle patate. Le sole bucce, ché le patate erano ovviamente per i crucchi.

A quel racconto di mio zio vado colla mente tutte le volte che sono troppo sazio e lascio qualcosa sul piatto (chi mi conosce personalmente riterrà questa affermazione assai azzardata) e tutte le volte che vedo intere porzioni appena appena schifiate e poi lasciate sui tavoli dei buffet.

Ma negli ultimi anni le bucce di Kartoffeln sono motivo di mia personale e ovviamente ridicola riflessione. Mi capita tutte le volte che nei moderni ristoranti alla moda, quelli più cool che io tanto frequento (chi mi conosce personalmente riterrà questa affermazione assai azzardata) propongono e servono ai tavoli, quale antipasto, le patate arrosto. Buonissime.

La novità di questi ultimi anni è data dal fatto che le patate vengono servite ai tavoli complete di buccia. Proprio così: patate arrosto con la buccia. Sono più saporite e più proteiche – spiegano gli chef pluristellati miei amici (chi mi conosce personalmente riterrà questa affermazione assai azzardata). Ed è vero! È proprio così!

Epperò mi perdonerete se a quella portata, con le dotte spiegazioni dello chef stellato, io vado con la mente a mio zio e a tutti i ragazzi italiani che patirono la fame e che sopravvissero (chi sopravvisse) grazie alle scorce delle patate. Le sole scorce, le patate andavano ai nazisti, che di cucina alla moda non capivano nulla allora e nemmeno adesso (per fortuna di mio zio).

 

Saro Distefano

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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