Ragusa e dintorni
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Ragusa, 17 marzo 2021 — Ragusa: tra le altre – tante e tutte nefaste – conseguenze della pandemia da Covid-19 c’è una che nessuno, legittimamente, ha posto in risalto.

È la assoluta mancanza di iniziative per celebrare il 160° anniversario della Unità d’Italia.

Nessuna manifestazione, nessuna iniziativa. Com’è giusto: dobbiamo fare di tutto per contenere i contagi del maledetto virus.

Pertanto, questo microscopico contributo quale goccia nell’oceano. Convinti come siamo che si tratti di un importante anniversario che ha ancora senso e valore. Saremo anche un paese scassato, alla deriva, mal guidato, culturalmente involuto, decaduto. Ma siamo un Paese. Siamo una Nazione. Siamo uno Stato.

In quel 1861 si prese una decisione (vabbè, i detrattori dei piemontesi hanno anche ragione, per molti versi, a dire che non si tratto di una spontanea unione ma di una violenta annessione) che portò alla creazione di un Paese che altrimenti sarebbe stato ancora oggi una sorta di penisola balcanica con divisioni e conflitti.

Cavour e i Savoia, dinastia minore di una arida regione montuosa, non erano tutte queste brave persone che la storiografia ufficiale ha tramandato. Anzi. Certo non erano peggiori dei Borbone, napoletani di origine spagnola che dispoticamente governavano mezza Italia, Sicilia compresa.

Di Garibaldi, Cavour, Umberto Primo e Francesco II si discuterà ancora, e per tanto tempo, nelle aule delle facoltà di Storia e, comprensibilmente per quanto sovente animalescamente, anche nei social e nelle immondizie televisive. Ma che il 17 di marzo sia, per tutti gli italiani, anche i padani, un giorno da ricordare, è giusto e opportuno.

 

Saro Distefano

 

 

(foto: credit Museo Centrale del Risorgimento)

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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