Libri

  • Autore: Carlo Ruta
  • Editore: Edizioni di storia e studi sociali

Ragusa, 23 gennaio 2019 – Presentato ieri pomeriggio alla Libreria Paolino di Ragusa il libro "Teoderico. Il re barbaro che immaginò l'Italia", di Carlo Ruta (Edizioni di Storia e Studi Sociali, 140 pp.).

Dopo l'introduzione di Enzo Piazzese, consigliere nazionale Archeoclub d'Italia, che ha organizzato l'evento, l'archeologo Giovanni Distefano ha conversato con l'autore, lo storico e saggista Carlo Ruta, alla presenza di numeroso pubblico.

«Non è una biografia – ha esordito il prof. Distefano –, è piuttosto l'analisi precisa e puntuale della figura di un re illuminato che ha immaginato una nazione, l'Italia». Ed in particolare il libro tratta del rapporto con due figure che ispirarono Teoderico I il grande re dei Goti, in relazione al non facile incontro tra due popoli e culture, quella romana e quella germanica, quella cristiana e quella ariana. Le due figure sono Boezio e Cassiodoro che insieme a Festo e Liberio furono suoi consiglieri e ministri. Quel Flavio Magno Aurelio Cassiodoro da Squillace che con le sue opere – si pensi alla Chronica o al De origine actibusque Getarum – e poi con il Vivarium, il monastero fondato in Calabria favorì l'incontro tra Goti e Romani; e ancor più quell'Anicio Manlio Torquato Severino Boezio, formatosi ad Atene che al re portava usi e cultura bizantini ed ellenistici – rafforzando in lui che era stato da giovane ostaggio per la pace a Bisanzio – e il cui programma era la traduzione in latino delle opere di Aristotele e di Platone. Teoderico ambiva fortemente a fondere l'elemento romano e quello goto, le leggi e il diritto di Roma con le consuetudini germaniche e soprattutto aspirava a unificare l'Italia in un'unica Nazione. La sua vicenda «rispecchia – scrive Ruta – la complessità di un'epoca di transito: disordinata, ambigua, travagliata da radicalismi ma percorsa da esperienze di convivenza etnica, di pluralità, di compostezza civile, di decoro urbano e di contagio religioso e culturale».

L'etichetta di "barbaro", tanto cara a romani e greci (che così chiamavano gli stranieri: quelli che non sanno "parlare greco"), mal si addice a Teoderico, che volle essere arbitro di mondi distanti, senza minimamente voler distruggere le loro culture, piuttosto integrarle, fonderle nel suo ambizioso progetto di di convivenza etnica in uno stato chiuso, sì, ma anche plurale, «con rigidi protocolli identitaria», come scrive Ruta.

Non fu tutto facile, specialmente tra ariani e cristiani cattolici. Anche con l'amico e consigliere Boezio, grandissimo pensatore e autore di opere illuminate, che cadde in disgrazia – probabilmente per una congiura tra i senatori e non tanto per volontà del re –, fu imprigionato, in prigione scrisse la sua più famosa opera, la De Consolatione Philosophiae, e messo a morte nel 526, lo stesso anno in cui, morendo, si spengono le ambizioni di Teoderico. Nel 526 – scrive l'autore – «il regno goto precipitava in una profonda instabilità ed infine, per iniziativa di Costantinopoli, in uno stato di guerra che in un paio di decenni ne avrebbe determinato la fine».

I Bizantini, riprendendo possesso di gran parte dell'Italia (d'altra parte vi furono i Longobardi), non seppero imitare la forza unificante del re goto e i loro possedimenti erano fragili e disgregati. Di lì a poco le prime incursioni islamiche (preludio dell'occupazione del IX secolo) lasciavano intendere che la Sicilia e l'Italia sarebbero state pervase da dominazioni, frammentate, dal destino incerto. Tutto il contrario del sogno di Teoderico.

 

Salvo Micciché

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Domani, 24 gennaio 2019, il libro sarà presentato alla Libreria Feltrinelli di Palermo.

 

  • Autore: Carlo Ruta
  • Editore: Edizioni di Storia e studi sociali

Ragusa, 14 gennaio 2019 – Il libro di Carlo Ruta "Teoderico - il re barbaro che immaginò l'Italia" (Edizioni di Storia e studi sociali) sarà presentato a Ragusa il 22 gennaio 2019 (ore 17:30), presso la Libreria Paolino (Corso Vittorio Veneto 144).

Con l'autore (saggista e storico) dialogherà l'archeologo Giovanni Distefano (Università della Calabria).

Introdurrà Enzo Piazzese, consigliere nazionale Archeoclub d'Italia.

  • Autore: Carlo Ruta
  • Editore: Edizioni di Storia e Studi Sociali
Siracusa, 14 gennaio 2019 – Il 7 febbraio (alle ore 18) a Siracusa (presso Casa del libro Mascali, in Via Maestranza 22) sarà presentato il libro "Teoderico - Il re barbaro che immaginò l'Italia" (Edizioni di Storia e Studi Sociali).
Il dr. Lorenzo Guzzardi (direttore del Polo regionale di Siracusa per i siti culturali) ne parlerà con l'autore, lo storico e saggista Carlo Ruta.

  • Autore: Santino Alessandro Cugno
  • Editore: BAR

Venerdì 28 Dicembre 2018 nell’aula consiliare del Comune di Canicattini Bagni la presentazione del libro dell’archeologo canicattinese Santino Alessandro Cugno “Patrimonio Culturale, Paesaggi e Personaggi dell’altopiano ibleo. Scritti di archeologia e museologia della Sicilia sud-orientale” (British Archaeological Reports, Oxford 2017)

 

Canicattini Bagni, 28 dicembre 2018 – Si presenta Venerdì 28 Dicembre 2018, alle ore 17:00, nell’aula consiliare del Comune di Canicattini Bagni, il libro dell’archeologo canicattinese Santino Alessandro Cugno, “Patrimonio Culturale, Paesaggi e Personaggi dell’altopiano ibleo. Scritti di archeologia e museologia della Sicilia sud-orientale” (British Archaeological Reports, Oxford 2017).

All’appuntamento, coordinato da Salvatore Mozzicato, Presidente dell’Associazione “Gli Amici della Voce di Canicattini”, organizzatrice dell’evento con il patrocinio del Comune di Canicattini Bagni, della Fondazione “Giuseppe e Santi Luigi Agnello”, e della Società Siracusana di Storia Patria, interverranno:

Marilena Miceli, Sindaco di Canicattini Bagni;

Loretta Barbagallo, Assessore alla Cultura e al Turismo;

Sebastiano Amato, Presidente “Società Siracusana di Storia Patria”;

Vincenzo Ficara, “Amici della Voce” e “Fondazione G. e S. L. Agnello”;

Vittorio Rizzone, Docente di Greco biblico e Archeologia Cristiana “Facoltà Teologica di Sicilia”;

Santino Alessandro Cugno, Autore del libro e Funzionario Archeologo del MIBAC.

 

Il volume (171 pagine in italiano con abstract in inglese, 118 figure in bianco e nero, 28 tavole in bianco e nero e a colori), con la prefazione di Lorenzo Guzzardi, Direttore della Galleria Bellomo e del Polo Regionale di Siracusa per i siti culturali,  raccoglie per la prima volta una serie di saggi, alcuni del tutto inediti, altri già pubblicati ma ampiamente rielaborati e aggiornati grazie a numerosi approfondimenti e ad una documentazione appositamente realizzata, il cui principale filo conduttore è rappresentato dal rapporto profondo ed osmotico che unisce il patrimonio culturale dell’altopiano ibleo, le realtà museali locali e il paesaggio.

 

Santino Alessandro Cugno (Siracusa 1981)

è Funzionario Archeologo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, presso il Parco Archeologico dell’Appia Antica. Laureato con lode in Archeologia all’Università di Pisa (2007), ha conseguito il Master di II livello in Tutela, Valorizzazione e Promozione dei BB.CC.AA. all’Università di Catania (2008), il Corso di Alta Formazione e Specializzazione in Beni Culturali alla Scuola Normale Superiore di Pisa (2010) ed è specializzato in Archeologia Tardoantica e Medievale presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Firenze (2014). È  stato cultore della materia in Archeologia Classica presso l’Università Kore di Enna ed è socio del Comitato Giovani Unesco, della Società degli Archeologi Medievisti Italiani (SAMI) e della Società Siracusana di Storia Patria. Ha preso parte a ricognizioni, scavi e attività culturali organizzate dalle Università di Pisa e di Catania, al progetto di rilievo “Le mura di Dionigi I di Siracusa” (2010) dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, alle campagne di scavi ad Akrai (2012) dell’Istituto Archeologico di Varsavia e a Kasmenai (2016) dell’Università di Catania e della Soprintendenza di Siracusa. Ha inoltre collaborato con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa e della Toscana (sede di Pisa) e col Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”. Ha partecipato, come relatore, a convegni nazionali ed internazionali ed è autore di due monografie (British Archaeological Reports, Oxford) e di numerosi saggi scientifici e divulgativi sui beni culturali della Sicilia sud-orientale.

 

 

  • Autore: Susanna Valpreda
  • Editore: Bonanno

Sikelia, la Sicilia bizantina di Susanna Valpreda

“Quando elaborai il testo della mia tesi di laurea, mi accorsi che era un po’ anomala. Le argomentazioni intraprese non si occupavano solo di arte, ma di tutti gli aspetti della presenza bizantina (storia, lingua, cultura, letteratura, architettura, monetazione) nella Sicilia orientale dei secoli VI-XII”. Inizia così l’incontro con Susanna Valpreda che nel 1996 consegue la laurea in Lettere moderne all’Università di Padova.

È stata forse una delle prime studiose ad intraprendere questa tematica il cui ambito risulterebbe parzialmente toccato dai ricercatori. Dopo aver vinto un concorso per bibliotecario, indetto dall’ateneo patavino, Valpreda pubblica un articolo estratto dalla sua tesi su una rivista specializzata veneta.

Successivamente, si trasferisce al Polo bibliotecario di Ingegneria. Nel 2014 è spronata a riprendere in mano gli argomenti abbandonati da tanto tempo, riaggiornarli e ricavarne un libro da far leggere ad un editore. Nasce così il saggio Sikelia. La Sicilia orientale nel periodo bizantino (pp. 174), edito nel 2015 da Bonanno.

In queste settimane, sempre in ambito siciliano e sull’epoca tardo antica e bizantina, sta lavorando ad una prossima pubblicazione, ad integrazione della prima, che si occuperà anche della Sicilia occidentale e delle isole minori (Malta compresa).

 

Tra i tanti temi sviluppati mi ha colpito quello di Siracusa “capitale” bizantina. Ci può dare qualche anticipazione?

“Forse non tutti sanno che nel 663 l’imperatore Konstantinos Pogonatos (ovvero il Barbuto), detto Costante, dopo aver regnato per vent’anni a Costantinopoli, sbarca a Taranto alla testa di un esercito orientale. Dopo varie tappe, di cui una a Roma, scende a Reggio Calabria dove gli si attribuisce la creazione del Ducato di Calabria che è una dipendenza del thema di Sicilia: quando non c’è più esarca in Italia, il patrizio di Sicilia diviene il più alto funzionario bizantino d'occidente. Ma anche prima che Ravenna e Roma siano perdute, per l’Impero Siracusa è la vera capitale di tutti i possedimenti bizantini nell’Italia meridionale. Alla corte di Bisanzio, dall’epoca di Costante II, la Sicilia e la Calabria sono considerate come un’unica regione. Verso la fine del 663 questo imperatore giunge a Siracusa dove stabilisce il suo quartiere generale e da cui organizza la difesa dei possedimenti minacciati dell’Islam.

Da quel momento Siracusa si trasforma nella capitale effettiva dell’Impero provocando polemica nella corte costantinopolitana, che si oppone alla translatio imperii impedendo il viaggio della famiglia imperiale in Italia a causa del carico simbolico che tale gesto comporta. Le monarchie vicine nutrono forti preoccupazioni in quanto temono un conseguente aumento dell’influenza bizantina nella regione. Nel 668 Costante è ucciso dal cortigiano Andrea, figlio di Troilo, il quale gli versa sul capo acqua calda e sapone mentre egli si trova in una vasca dei bagni di Dafne e poi, approfittando della momentanea cecità, lo colpisce sul capo con un vaso di bronzo. Caduto nell’acqua privo di sensi, l’imperatore affoga mentre l’omicida si allontana indisturbato.

I cortigiani e i capi dell’esercito siciliano mettono sul trono l’ufficiale armeno Mezezio che, però, non trova il sostegno aspettato. Dopo la morte dell'imperatore, gli eserciti di stanza in Italia e in Sardegna si rifiutano di obbedirgli marciando su Siracusa. La flotta, inviata da Costantino IV Pogonato, figlio di Costante e suo legittimo successore, ha ragione degli insorti, che sono condotti nella capitale e giustiziati”.

Fino a qui ciò che tramandano le fonti occidentali. Quelle orientali mostrano invece divergenze con le prime, dovute alla diversità dei punti di vista. Il capostipite di tutti i cronisti bizantini che si sono occupati della spedizione italiana di Costante è Teofane che narra la vicenda in due riprese. Alla ricercatrice Susanna Valpreda il compito di fare chiarezza sulle vicende sin qui descritte attraverso l’analisi della documentazione reperita che sarà oggetto di trattazione nel prossimo libro. 

Giuseppe Nativo

  • Autore: Massimo Cultraro
  • Editore: Edizioni di Storia e Studi sociali

Dopo la conferenza di domani a Ragusa (con l'archeologo Giovanni Di Stefano), il prof. Massimo Cultraro presenterà a Modica, giovedì prossimo, il suo libro "L’ultimo sogno dello scopritore di Troia”, Edizioni di Storia e Studi Sociali 2018.

 

La libreria La Talpa presenta un altro appuntamento dei "Giovedì" dedicati ai suoi 25 anni. Questa volta il tema è: archeologia, storia, storiografia. Ospite della presentazione: Massimo Cultraro (Archeologo, Storico e Docente di Archeologia Egea).

Interverranno il Sindaco di Modica Ignazio Abbate, Giovanni Distefano (Archeologo ed attuale Direttore del Polo Regionale di Ragusa per i Siti Culturali e per i Parchi Archeologici di Camarina e Cava Ispica) e Daniele Pavone (Storico)

Giovedì 13 dicembre ore 18, Società operaia di Mutuo Soccorso, Corso Umberto I n. 157, Modica

Col patrocinio del Comune di Modica, la Libreria "La Talpa" in occasione del suo venticinquesimo anno di attività organizza in collaborazione con Paesaggio Barocco - Enoteca Cioccolateria "Sotto San Pietro" un ciclo di cinque "Appuntamenti del Giovedì" che si terranno a Modica presso i locali della Società Operaia di Mutuo Soccorso in Corso Umberto I n. 157. Giuseppe Costanza, Vittoria de Marco Veneziano, Sebastiano Tusa, Vincenzo Jannuzzi e Massimo Cultraro saranno i protagonisti di questo ciclo di appuntamenti che spazieranno tra la cronaca del nostro tempo, le donne che hanno fatto la storia, l'archeologia e le tradizioni siciliane.

L'ospite del quinto ed ultimo appuntamento in programma il 13 dicembre alle ore 18:00 sarà MASSIMO CULTRARO che presenterà il suo libro "L’ultimo sogno dello scopritore di Troia”, edito da Edizioni di Storia e Studi Sociali nel 2018.

Heinrich Schliemann, controverso uomo d’affari, collezionista e viaggiatore tedesco, divenne una celebrità capace di travalicare l’ambito della storia della ricerca archeologica a seguito degli scavi alla ricerca dell’antica Troia dei poemi omerici, condotti a partire dal 1871 in Anatolia presso la collina di Hissarlik e che gli permisero di portare alla luce un sito in cui nel tempo sono stati riconosciuti ed indagati almeno dieci livelli stratigrafici principali che si dipanano dal Bronzo Antico (2920-2500 a.C.) fino al periodo Tardo Bizantino (XIII-XIV sec. d.C.). In particolare, la fortuna di Schliemann si deve al ritrovamento nel secondo di questi livelli stratigrafici – noto come Troia II – del “Tesoro di Priamo”, la cui autenticità resta assai discutibile e discussa, senza contare la denominazione assolutamente impropria, funzionale all’individuazione in questo strato della città omerica (Troia II è inquadrabile nella seconda metà del terzo millennio a.C., mentre quella omerica è da ricondursi al XII sec. a.C., quindi in un’epoca molto più recente), il che tradisce un approccio in cui la volontà di conseguire un risultato sensazionalistico quanto meno si affianca all’attenzione rivolta al dato scientifico, aspetto che non deve affatto stupire in un’epoca ancora pioneristica della ricerca archeologica, in cui sovente la finalità era quella di alimentare l’offerta del mercato internazionale dell’arte per soddisfare la domanda proveniente dai collezionisti e dai musei, tant’è che ancora oggi innumerevoli reperti rinvenuti da Schliemann si trovano esposti nelle collezioni di mezzo mondo.

Massimo Cultraro è archeologo specializzato in Archeologia Egea presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene, docente presso l’Università di Palermo, Primo Ricercatore presso il CNR di Catania e membro dell'Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (IBAM); la sua attenzione è stata richiamata dal rapporto di Schliemann con l’Italia, aspetto cruciale nella biografia dello scopritore di Troia, eppure finora mai oggetto di una trattazione specifica, nonostante nei decenni si siano contate migliaia di opere a lui dedicate. Due i viaggi principali effettuati nel Belpaese – nel 1858 e nel 1868 – animati dalla curiositas da Grand Tour alla ricerca di mirabilia in grado di suscitare quei brividi tipici della sindrome di Stendhal, il tutto sullo sfondo del rapporto di amore ed odio provato nei confronti degli italiani il cui stile di vita ai suoi occhi talora stride con lo straordinario patrimonio storico e artistico che li circonda; viaggi che lo conducono verso sud, a Roma, poi a Napoli – che forse è la città che ha apprezzato di più e dove sventuratamente troverà la morte nel 1890 – e infine in Sicilia, ove la Siracusa preorsiana delude le sue aspettative. Durante questi viaggi, Schliemann non manca di allacciare importanti rapporti con il mondo scientifico che matureranno dopo la scoperta di Troia con le campagne effettuate in Italia – in particolare ad Alba Longa, a Mozia e a Siracusa, ma tra le altre località, in Sicilia egli si reca anche a Segesta, Imera, Erice, Camarina e Taormina – e con la cessione di alcuni reperti rinvenuti ad Hissarlik al Regio Museo di Antropologia dell’Università di Napoli, al Museo Preistorico Etnografico di Roma e al Museo Civico di Bologna.

Massimo Cultraro ha raccolto l’esperienza italiana di Schliemann ne “L’ultimo sogno dello scopritore di Troia”, un saggio ricco di immagini e dalla lettura agevole e piacevole per tutti, particolarmente apprezzabile se si tiene conto che lo studio è desunto da una ricerca molto attenta condotta prevalentemente sull’immenso patrimonio manoscritto di lettere, taccuini e diari personali conservati nel Fondo Schliemann della Biblioteca Gennadius di Atene.

Daniele Pavone

 

Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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