Cultura

Scicli, 25 febbraio 2019 – Carnevale è tempo di scherzi, giochi e svago ma anche di cultura ed è per questo che Tanit Scicli propone una passeggiata davvero originale il 3 marzo prossimo, in occasione della domenica di carnevale: i soci dell’associazione sciclitana, infatti, per la prima volta lasciano le mura cittadine e approdano a Palazzolo Acreide, con raduno e successiva partenza da Scicli alle ore 8.15.

Sarà infatti la cittadina montana iblea, teatro di uno dei carnevali siciliani più colorati, a fare da scenario alle guide di Tanit che, dapprima, porteranno i loro ospiti alla scoperta dell’area archeologica dell’antica Akrai con il suo bellissimo teatro e il bouleuterion, oltre alle suggestive catacombe di età paleocristiana, per poi spostarsi nel centro barocco tra le basiliche dichiarate Patrimonio dell’Umanità UNESCO di San Sebastiano e San Paolo e gli originali balconi di Palazzo Judica e Cafici-Iudica-Caruso. Infine, non potrà mancare la visita alla splendida Casa-museo Antonino Uccello, senza dimenticare la divertente sfilata dei carri di carnevale protagonista assoluta di domenica pomeriggio.

 

In occasione del carnevale ma anche della messa in onda de La Stagione della Caccia, Tanit Scicli effettuerà anche un’apertura straordinaria del Museo dell’Antica Farmacia Cartia, tra i set principali del film TV tratto dal romanzo storico omonimo di Andrea Camilleri, con protagonista Francesco Scianna. L’Antica Farmacia di Scicli sarà visitabile dal 2 al 5 marzo, ogni giorno dalle 10.00 alle 13.00.

Per un carnevale all’insegna della cultura, insomma, non resta che accodarsi ai seguaci della dea Tanit. 

Per informazioni, chiamare il +39.328.8466346 oppure il +39.338.9516460 o scrivere a  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  

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  • Argomento: Cultura Classica

Lunedì 25 il primo Certamen Augustinianum Ragusiense promosso dalla Biblioteca diocesana “Monsignor Francesco Pennisi”. Previsto un brano di Sant’Agostino sull’amicizia



Ragusa, 22 febbraio 2019 – Si terrà lunedì 25 la prima edizione del  “Certamen Augustinianum Ragusiense”, promosso dalla Biblioteca diocesana “Monsignor Francesco Pennisi” di Ragusa e rivolto agli studenti di quarto e quinto anno appartenenti ai licei classici,  scientifici e delle scienze umane. La prova si svolgerà dalle 9 alle 14. Hanno aderito 40 studenti dei licei classici di Ragusa, Vittoria e Comiso e del liceo scientifico di Vittoria.

L’idea di un Certamen nasce dalla consapevolezza dell’importanza della divulgazione della civiltà latina presso tutti gli studenti. Su proposta di Gianluca Vindigni, componente del comitato scientifico della Biblioteca diocesana.

I vincitori saranno proclamati dal direttore della Biblioteca diocesana don Giuseppe Di Corrado, a giudizio insindacabile della commissione giudicatrice presieduta da Gianluca Vindigni e composta anche dai docenti Maria Teresa Millefiori e Gaetano Cosentini. La premiazione avverrà il 23 marzo, alle 17, nella sede della Biblioteca diocesana “Monsignor Francesco Pennisi” nell’ambito di un evento culturale sulla figura di Sant’Agostino.

Archeologia Viva - TurismA, Firenze, Sala Onice ore 15.45 – 18:30

MODICA OLTRE IL BAROCCO
Storie di Archeologia Architettura Paesaggio e… Quasimodo

A cura di Comune di Modica (Rg)

Ingresso libero e gratuito


Intervengono:

Sebastiano Tusa assessore Beni culturali e Identità siciliana
Ignazio Abbate
sindaco di Modica
Maria Monisteri assessore Beni Culturali Comune di Modica
Catia Bernava responsabile Collezioni Museo di Modica
Giovanni Distefano direttore Polo Museale di Ragusa e direttore onorario del Museo di Modica
Massimo Cultraro CNR e Università di Palermo
Marcella Pisani Università di Roma “Tor Vergata”

Chiusura dei lavori: Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva.

Seguono prova di archeologia sperimentale e degustazione di cioccolato offerta dal Comune di Modica, a cura di Enoteca Cioccolateria Sotto San Pietro (Modica) di Daniele Pavone e Giorgio Solarino.

 

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Modica, 12 febbraio 2019 – Un progetto ambizioso ma anche il più ragionevole obiettivo da raggiungere per valorizzare a dovere il patrimonio di considerevole valore di cui dispone la città di Modica. Con questi intenti il Museo Civico “F. L. Belgiorno” alle collezioni archeologiche, unitamente a quella di Assenza e di Quasimodo si arricchisce delle collezioni Storiche.

La serata inaugurale si terrà sabato 16 febbraio, ore 17.30, a Palazzo della Cultura di Modica (Corso Umberto I, n. 149).

Ai saluti istituzionali del sindaco, Ignazio Abbate, seguirà la relazione introduttiva di Maria Monisteri, assessore alla Cultura del Comune di Modica.

Sono previsti gli interventi di Giuseppe Barone (direttore onorario Biblioteca comunale “S. Quasimodo” di Modica), Catia Bernava (responsabile delle collezioni del Museo), Giovanni Distefano (direttore onorario del Museo). 

Giuseppe Nativo

Modica, 11 febbraio 2019 – Un appuntamento letterario molto partecipato ed apprezzato dal pubblico intervenuto, quello tenutosi lo scorso sabato a Modica al Caffè Letterario Quasimodo, ove è stato presentato il libro “Ciciri. Racconti di terra di Sicilia” della scrittrice palermitana Sandra Vita Guddo; un libro – ha detto Domenico Pisana, introducendo la serata, che  non è un memoriale di sicilianismo, ma un rilancio dell’orgoglio isolano nella sua dimensione storico-culturale ed esistenziale”. 

Sandra Guddo offre ai suoi lettori un viaggio narrativo nel quale esalta una “isolitudine” di bufaliniana memoria, e dove  l’elemento comune dei racconti è l’ amore per la terra di Sicilia, per la sua storia, per il suo dialetto, per il suo paesaggio e per il carattere dei suoi abitanti.

La serata ha visto l’intervento  di Antonio Licata, critico letterario e prefatore del volume, nonché  fondatore dell’Università Popolare di Palermo, il quale ha tracciato le coordinate fondamentali dei singoli racconti del libro con una puntuale disamina che ha messo in luce il rapporto tra “storia e controstoria” presente nel volume soffermandosi sui personaggi principali dei singoli testi narrativi. 

Gli attori Giovanna Drago e Giovanni Blundetto, della Compagnia Teatrale "I Caturru" di Scicli, hanno incantato il pubblico con le loro letture sceneggiandone i dialoghi, mentre il “Duo Coppola”, composto da Enza Strazzulla alla chitarra, e Giuseppe Coppola alle percussioni, ha reso meravigliosa la serata con canti siciliani appropriati  alla dinamica storica dei racconti e con un brano finale dal  titolo “Ciancitilu”, il cui  testo, di Serafino Amabile Guastella,  che è stata eseguito insieme con a pamela Vindigni e Grazia Torrisi, sarà  il brano che concluderà il carnevale che si terrà prossimamente a Modica  e che accompagnerà il momento nel quale verrà bruciato il pupazzo che rappresenta il carnevale.

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  • Argomento: Accademia della Crusca

Arancini siciliani: Vanno declinati al maschile o al femminile? Dirime la questione la scheda di Stefania Iannizzotto per l’Accademia della Crusca 

 

Una volta si argomentava sul “sesso” degli angeli. Oggi si discute di quello delle/gli “arancin*”. In buona sostanza – al di là della bontà culinaria che ci offrono i cuochi della nostra assolata Trinacria – tale termine come si deve declinare? Al maschile (quindi “arancino”) o al femminile (ovvero “arancina”)?

Tempo fa la questione era arrivata persino all’Accademia della Crusca, uno dei principali punti di riferimento per le ricerche sulla lingua italiana. Per dirimere la controversia, rinfocolata anche da un famoso libro di Andrea Camilleri ovvero “Gli arancini di Montalbano”, l’istituzione, che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana, si è espressa osservando che entrambe le forme (tanto quella al maschile, quanto al femminile) possono essere utilizzate. La differenza, se proprio bisogna essere precisi, sta nel fatto che il famoso e gustoso timballo di riso cambia forma, ovvero: rotonda nella parte occidentale della Sicilia e rotondo o, molto spesso, a punta nella parte orientale (forse perché evoca la figura del vulcano Etna).

Al di là dell’approfondimento di natura linguistica, la scheda dell’Accademia della Crusca – a firma di Stefania Iannizzotto, chiaramontana di nascita (cfr. l’articolo di Laura Curella per il quotidiano “La Sicilia” del 5 febbraio 2016, p. 27) – riporta anche alcune notizie circa la nascita di questa specialità tutta siciliana, le cui origini sembrerebbero risalire al periodo della dominazione araba (dal IX all’XI secolo). “Gli arabi – si legge nella scheda – avevano l’abitudine di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con la carne di agnello prima di mangiarlo; da qui la denominazione metaforica: una pallina di riso con la forma di una piccola arancia (nāranj). Come si legge nel Liber de ferculis di Giambonino da Cremona (curato da Anna Martellotti, 2001) – tutte le polpette tondeggianti nel mondo arabo prendevano il nome dalla frutta a cui potevano essere assimilate per forma e dimensioni (arance ma anche albicocche, datteri, nocciole)”. E naturalmente il paragone con le arance si sposa bene con la Sicilia dato che l’isola ne è sempre stata ricca. La studiosa scrive però di non aver trovato, tuttavia, tracce di questa preparazione nella letteratura e nelle antiche cronache almeno fino alla seconda metà del XIX secolo: un periodo, dunque, molto più recente di quanto si potrebbe pensare.

Il primo vocabolario siciliano che registra la forma “arancinu” è il Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi (1857) che lo descrive come “una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia”: dolce, non salata. Ma spiega Iannizzotto che, comunque, i passaggi dolce/salato non sono infrequenti nelle varie fasi della gastronomia, tanto che la pizza alla napoletana è ancora nella Scienza in cucina di Pellegrino Artusi (ediz. 1911) un dolce fatto di pastafrolla e crema.

Nel Vocabolario siciliano-italiano del Traina (1868) dalla voce “arancinu” si rinvia a “crucchè”, che sono “specie di polpettine gentili fatte o di riso o di patate o altro”. In questi dizionari non risultano mai menzionati né la carne né il pomodoro. Non sappiamo quando questi due ingredienti siano entrati nella ricetta. “Alla luce di questi fatti – continua la scheda – il legame tra il supplì siciliano e la tradizione araba non sembra più così certo, mentre si potrebbe pensare che si tratti di un piatto nato nella seconda metà del XIX secolo come dolce di riso, ma che sia stato trasformato quasi subito in una specialità salata”.

Inoltre il nome di questa preparazione, aggiunge la Crusca, “secondo l’ipotesi suggerita dal dialettologo Salvatore Trovato, potrebbe derivare non solo dalla forma dell’arancia, ma anche dal suo colore: in siciliano infatti le parole che indicano nomi di colori si formano da una base nominale più il suffisso -inu, quindi arancinu ‘di colore arancio’, come curaḍḍinu ‘del colore del corallo’”.

È di qualche settimana la notizia che anche la Treccani stia studiando per il suo vocabolario una definizione che si rivela di ardua soluzione. Ancora una volta, in singolar tenzone di natura squisitamente culinaria, da un lato i catanesi con il loro “arancinu”, dall’altra i palermitani con la loro “arancina”.

 

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Lo scopo di un'opera onesta è semplice e chiaro: far pensare. Far pensare il lettore, lui malgrado

Paul Valéry

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